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Ghiacciai permanenti: una crisi ormai impossibile da ignorare

I ghiacciai permanenti stanno scomparendo, insieme a una ricca biodiversità ancora parzialmente sconosciuta alla scienza.

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I ghiacciai permanenti stanno scomparendo

12 tappe lungo tutto l’arco alpino, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia: è il percorso della prima Carovana dei ghiacciai condotta dal 17 agosto al 4 settembre 2020 da Legambiente e Comitato glaciologico italiano, con il sostegno di Sammontana e Frosta. 

 

Un viaggio al tempo stesso affascinante e preoccupante, poiché ha dato la conferma di quanto i cambiamenti climatici stiano sconvolgendo i paesaggi delle nostre Alpi. “Su tutti è stato registrato un regresso della fronte glaciale o una diminuzione del volume di ghiaccio, e in diversi casi anche consistenti affioramenti di rocce”, fa sapere Legambiente alla fine di quest’esperienza.

 

Destano allarme soprattutto le condizioni del Fradusta, a 2.939 metri di altitudine sulle Pale di San Martino, in provincia di Trento. Nel 1888 la sua superficie ammontava a 150 ettari, nel 2014 era di appena 3 ettari, con un calo del 95%.

 

Sul ghiacciaio del Forni, nella parte lombarda del parco nazionale dello Stelvio, si osserva invece il cosiddetto black carbon, con tracce di microplastiche e svariati inquinanti.

 

Una fortunata eccezione è il ghiacciaio del Montasio, il più basso dei ghiacciai dell’arco alpino, in Friuli Venezia Giulia. Merito della sua felice collocazione geografica, con le pareti dello Jôf di Montasio che lo ombreggiano e riversano su di esso gli accumuli di neve delle valanghe.

 

I ghiacciai sono ecosistemi ricchi e preziosi

Il ritiro dei ghiacciai, diretta conseguenza del riscaldamento globale, non comporta solo la perdita delle bellezze paesaggistiche che caratterizzano il nostro territorio; a venir meno sono anche inestimabili servizi ecosistemici.

 

Se siamo stati abituati a immaginarli spogli e disabitati, infatti, è giunto il momento di ricrederci. “La letteratura scientifica recente, nella maggior parte dei casi basata su studi condotti proprio sulle Alpi italiane, sta evidenziando come i ghiacciai, diversamente dalla percezione comune, sono un habitat che ospita una grande varietà di organismi, tra cui microorganismi, piante, invertebrati e vertebrati”, spiega Mauro Gobbi, ricercatore della sezione di Idrobiologia e zoologia degli invertebrati del Muse – Museo delle scienze di Trento. 

 

“La maggior parte di questi organismi è specializzata a vivere sui ghiacciai e la loro sopravvivenza dipende dalla permanenza del ghiaccio. Ogni ghiacciaio ospita organismi differenti, molte specie sono endemiche, quindi esclusive, e ciascuna specie ha un ruolo chiave nel mantenere l’habitat glaciale, e quelli circostanti, in equilibrio”.

 

L’appello alla comunità politica e scientifica

Insieme a Marco Caccianiga dell’università degli Studi di Milano, Gobbi è promotore di un appello rivolto all’Unione europea e agli enti locali che si occupano in prima persona della conservazione della natura.

 

Intitolato “Vanishing permanent glaciers: Climate change is threatening a European Union habitat (Code 8340) and its poorly known biodiversity”, è stato firmato da altri nove scienziati e pubblicato dalla rivista scientifica Biodiversity and Conservation.

 

È vero infatti che la crisi dei ghiacciai è sotto gli occhi di tutti, compresa l’Europa che li ha inseriti tra gli ecosistemi tutelati dalla direttiva Habitat. È vero anche, però, che a livello scientifico si sa ancora troppo poco delle specie che li abitano.

 

Ciò significa che i ghiacciai sono in forte sofferenza e noi non siamo in grado nemmeno di capire appieno quali saranno le conseguenze. Da qui l’appello ad avviare con urgenza un piano di monitoraggio della biodiversità degli ambienti glaciali, per avere “strumenti volti a pianificare azioni di tutela e valorizzazione di quello che è un habitat, purtroppo, non rimpiazzabile”.