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La Cop 26 non sarà in Italia

Il nostro Paese si era candidato a ospitare la Cop 26, la Conferenza globale sul clima che si terrà nel 2020. Alla fine, però, a spuntarla è stato il Regno Unito.

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©Presidencia de la República Mexicana / Wikimedia Commons

La Cop 26 sarà nel Regno Unito

A dicembre 2018, mentre a Katowice (in Polonia) era in corso la Cop 24, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dato l’annuncio: l’Italia si candidava ufficialmente a ospitare la Cop 26, la conferenza globale sul clima in programma per la fine del 2020. 

 

Un’idea che era stata ampiamente caldeggiata dai cittadini: più di 100mila quelli che avevano firmato la petizione lanciata dall’ex-ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, ora docente universitario e presidente della Fondazione Univerde.

 

Quella di ospitare il più importante summit internazionale sul clima non è soltanto una questione di prestigio, ma può essere trasformata in una vera e propria presa di posizione.

 

“La Cop 26 del 2020 potrebbe essere davvero una delle ultime occasioni per decidere misure efficaci e misurabili per contenere l'aumento della temperatura entro 1,5 gradi centigradi e scongiurare conseguenze gravissime. L'Italia può raccogliere la leadership in tale battaglia con un suo contributo importante concreto insieme all'Unione europea”, si legge nel testo della petizione.

 

Dopo mesi di attesa e lavoro diplomatico, però, la candidatura italiana è sfumata. La notizia è ufficiale, perché è l’esito di un accordo tra Roma e Londra, annunciato da un comunicato del governo. Il Regno Unito ospiterà la Cop 26 ed eserciterà la presidenza, mentre l’Italia organizzerà gli eventi preparatori, incluso lo Youth Event dedicato ai più giovani. 

 

La storia delle Cop

Le Conferenze sul clima (o Cop) hanno alle spalle una lunga storia, iniziata a Rio de Janeiro nel 1992

 

È stato proprio durante la Cop 3, ospitata nel 1997 dal Giappone, che è stato firmato il celebre Protocollo di Kyoto, con cui i paesi industrializzati per la prima volta si impegnavano a ridurre le proprie emissioni di CO2. Alla Cop 15 di Copenaghen si sperava di compiere un cruciale passo avanti, includendo anche i Paesi emergenti, ma il summit si è chiuso con un nulla di fatto.  

 

Alla Cop 16 di Cancùn si deve invece l’istituzione del Fondo verde per il clima, che si pone l’ambizioso obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno fino al 2020, soldi necessari per aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le emissioni e prepararsi agli sconvolgimenti del clima. 

 

Ma la più nota al grande pubblico senza dubbio è la Cop 21 di dicembre 2015, in cui è stato siglato lo storico Accordo di Parigi sul clima, con cui 196 paesi si sono impegnati a fare tutto il possibile per contenere l’aumento delle medie globali ben al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. 

 

La Cop 25 di Santiago, in Cile

Il prossimo appuntamento è dall’altra parte dell’Oceano. Dopo la riunione preliminare che si terrà in Costa Rica dal 26 novembre al 1° dicembre, la Conferenza delle Parti è in programma a Santiago, in Cile, dal 2 al 13 dicembre 2019. 

 

Ma cosa dobbiamo aspettarci da questo appuntamento che riunirà i leader del mondo? Con l’Accordo di Parigi, ciascun Paese si era impegnato a comunicare la propria strategia per contenere le emissioni e quindi i cambiamenti climatici. Ma, stando alla valutazione fatta dalle Nazioni Unite, tutto questo non è sufficiente: se anche queste promesse venissero rispettate tutte, il Pianeta andrebbe incontro alla catastrofe. 

 

La Cop 25 sarà quindi l’occasione per riunirsi di nuovo attorno a un tavolo e mettere a punto una nuova strategia, che stavolta sia davvero adeguata alla posta in gioco.