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Camilla: un altro modo di fare la spesa

A Bologna arriva Camilla, un emporio di comunità di prodotti locali, biologici ed etici. Una piccola comunità in cui ognuno è chiamato a rimboccarsi le maniche.

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©Camilla :: emporio di comunità

Lo strapotere dei supermercati

Solo in Italia, le catene della grande distribuzione organizzata (Gdo) nel 2017 hanno fatturato 83 miliardi di euro, con un aumento del 4,4% in un anno. Secondo l’Osservatorio Mediobanca, presentato a dicembre dello scorso anno, il loro giro d’affari globale arriva addirittura a 1.258 miliardi di euro.

 

I più attenti, però, sanno che dietro alle dinamiche dei supermercati si celano tante controversie. L’esempio di scuola è quello dei prodotti agroalimentari. Le grandi insegne possono permettersi di sciorinare offerte speciali perché hanno il potere di imporre i loro prezzi ai fornitori. Questi ultimi, pur di non lasciarsi sfuggire i loro principali clienti, spesso e volentieri sono pronti a tutto; anche a vendere sottocosto i loro prodotti.

 

Sono logiche complesse, che non si possono certo riassumere in poche righe. Uno dei loro più autorevoli interpreti in Italia è Stefano Liberti, giornalista di Internazionale e autore di I signori del cibo. Viaggio nell'industria alimentare che sta distruggendo il pianeta (Minimum Fax, 2016) e Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo (in collaborazione con Fabio Ciconte, Laterza, 2019). 

 

Ed è proprio Liberti a proporci, sulle pagine di Internazionale, un’alternativa possibile. Si chiama Camilla ed è un emporio di comunità inaugurato un paio di mesi fa nel quartiere di San Donato, a Bologna.

 

Camilla, un emporio di comunità

Nata dalla collaborazione tra il Gas Archemilla e Campi Aperti, Camilla è una bottega che offre prodotti alimentari provenienti da agricoltura contadina, biologica e biodinamica (anche in fase di conversione), ma anche prodotti per la casa, detergenti e cosmetici

 

Come linea di condotta generale, Camilla privilegia i produttori con cui c’è un rapporto di conoscenza diretta; meglio ancora se sono di filiera corta, o se lavorano per la tutela del proprio territorio e l’emancipazione della comunità. Scendendo più nello specifico, esiste un documento (redatto dai soci) che stabilisce requisiti precisi per ogni tipologia di prodotto.

 

Soltanto i soci però hanno la possibilità di comprare i prodotti; gli indecisi possono approfittare del periodo di prova di un mese. Questo neonato esperimento infatti è un progetto autogestito in cui ciascuno è chiamato a contribuire attivamente.

 

Per associarsi bisogna innanzitutto pagare una quota una tantum, pari ad almeno 125 euro. Bisogna poi garantire tre ore mensili di lavoro, scegliendo l’attività per cui si è più portati: stare alla cassa, scegliere i produttori, condurre i momenti di formazione, gestire il magazzino e così via.

 

Con questa logica, Camilla si propone anche come un motore di aggregazione sociale e non solo come un punto vendita puro e semplice.

 

Come funzionano i gruppi d’acquisto solidale

Quest’esperienza, che è ancora un work in progress, può essere ritenuta come una versione 2.0 dei gruppi d’acquisto solidale (Gas) che hanno fatto il loro esordio in Italia a partire dagli anni Novanta. 

 

Un Gas è un insieme di cittadini che si organizzano per acquistare insieme prodotti alimentari e di uso comune, facendo perno sul concetto della solidarietà.

 

Ogni Gas sceglie attentamente i suoi fornitori (prevalentemente locali) e stringe con loro un rapporto di fiducia. Viceversa, il piccolo produttore si conquista una nicchia di clienti fedeli, che gli garantiscono un certo volume d’affari senza costringerlo a giocare al ribasso sul prezzo. 

 

Gli incontri settimanali per ritirare i prodotti diventano anche occasioni di confronto, dibattito e convivialità, creando una piccola comunità che ruota attorno agli stessi valori. 

 

Dopo tanti anni di presenza su tutto il territorio nazionale, sottolinea l’articolo di Liberti, i Gas non hanno intaccato lo strapotere dei supermercati. Ma anche perché, in fondo, non è mai stato quello il loro obiettivo. La loro spinta propulsiva è stata preziosa soprattutto perché ha consolidato e diffuso il concetto di consumo critico, dando il “la” a una pletora di esperienze diverse e complementari.