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L'amministrazione Biden stanzia un miliardo per aiutare l'industria della carne

Un miliardo di dollari per rendere più concorrenziale il settore della carne, ormai diventato un monopolio. L’amministrazione americana guidata da Joe Biden, con questa scelta, sembra dimenticare il tema ambientale.

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La carne negli Usa è un oligopolio

Negli ultimi decenni, abbiamo visto troppi settori dominati da una manciata di grandi aziende che finiscono per controllare la maggior parte del business e delle opportunità, incrementando i prezzi e diminuendo la scelta per le famiglie americane e, al tempo stesso, soppiantando piccole imprese e imprenditori”. Con queste parole, l’amministrazione americana guidata da Joe Biden presenta un ordine esecutivo volto riportare una maggiore concorrenza nel sistema economico americano. A cominciare dall’industria della carne.

 

Questo comparto sarebbe infatti un esempio da manuale di ciò che succede quando non si garantiscono sufficienti possibilità di scelta ai consumatori. Le quattro maggiori società di lavorazione di manzo, pollame e suino controllano, rispettivamente, l’85%, il 54% e il 70% dei propri mercati. E rappresentano una sorta di collo di bottiglia, per il loro ruolo di intermediarie tra gli allevatori e i punti vendita.

 

In virtù del loro enorme potere contrattuale, sono libere di alzare i propri margini di profitto a discapito degli allevatori. Fino a cinquant’anni fa, questi ultimi incassavano più di 60 centesimi per ogni dollaro speso in manzo e 40-60 per ogni dollaro speso in maiale; oggi si devono accontentare rispettivamente di 39 centesimi e 19 centesimi. Ai consumatori non va molto meglio, tant’è che l’incremento dei prezzi della carne è tra i principali driver dell’inflazione, ultimamente salita a livelli preoccupanti.

 

Gli aiuti stanziati dall’amministrazione Biden

L’amministrazione di Joe Biden risponde sfoderando un miliardo di dollari in aiuti pubblici per il settore della carne. Nello specifico, il dipartimento dell'Agricoltura (Usda) metterà a disposizione finanziamenti fino a 375 milioni di dollari per impianti di lavorazione indipendenti in grado di portare una maggiore diversificazione nel comparto. Al tempo stesso, stringerà partnership con le banche per convincerle ad aprire linee di credito a condizioni favorevoli.

 

L’Usda stanzierà altri 100 milioni di dollari per programmi di formazione orientati a creare nuovi posti di lavoro sicuri e ben retribuiti, 50 milioni per l’assistenza tecnica e le attività di ricerca e sviluppo, altri 100 per alleggerire gli oneri legati alle ispezioni. In parallelo, il governo federale avvierà riforme volte a tutelare i piccoli produttori. 

 

Una scelta anacronistica?

Certo, da parte di un presidente come Joe Biden, che ha trionfato alle elezioni con la promessa di azzerare le emissioni nette di gas serra degli Usa entro il 2050, ci si aspettava quantomeno un riferimento al colossale impatto ambientale dell’industria della carne. 

 

Anche volendo tenere da parte la questione etica legata allo sfruttamento e all’uccisione degli animali, infatti, i dati ufficiali ci dicono che la filiera della carne genera il 14,5% delle emissioni di gas serra di origine antropica. Imponente anche la sua impronta idrica, con oltre 15mila litri d’acqua consumati per produrre appena un chilo di carne bovina. L’allevamento dei bovini è inoltre uno dei principali driver della deforestazione, considerato l’enorme fabbisogno di spazio sia per il bestiame sia per il foraggio necessario a nutrirlo.

 

È vero che gli allevamenti su piccola scala, che Joe Biden vuole favorire, tendenzialmente hanno un impatto climatico e ambientale più lieve. Ma è vero anche che l’unico modo per riuscire a sfamare 10 miliardi di persone nel 2050, senza distruggere letteralmente il nostro pianeta, è mangiare meno carne. Tutti, indipendentemente dalle nostre preferenze in ambito alimentare.

 

Un team di 37 scienziati ha studiato la questione per due anni, per poi pubblicare nella prestigiosa rivista scientifica The Lancet il menu settimanale coerente con le esigenze del pianeta e della popolazione globale. Prevede, per l’esattezza, 14 grammi di carne rossa e 29 grammi di pollo al giorno. Considerato che un hamburger di medie dimensioni è di circa 140 grammi, ne è concesso uno ogni dieci giorni.

 

Ben venga quindi il sostegno ai piccoli produttori, ma perché non formarli anche per essere all’altezza di questa sfida? Il segmento della carne vegetale e della carne sintetica, per esempio, sta vivendo un boom repentino e molto promettente. Anch’esso ha tutte le carte in regola per spronare l’economia creando posti di lavoro, ma può farlo in modo compatibile con il nostro futuro.