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Agrivoltaico, il via libera in Puglia tra le polemiche

Pannelli solari e coltivazioni agricole che convivono negli stessi terreni: è questo il principio su cui si basa l’agrivoltaico. Scopriamo come funziona e quanto è diffuso in Italia.

Agrivoltaico

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©micheleursi / 123rf.com

Impianto agrivoltaico, cos'è

Cibo ed energia sono due bisogni primari di una popolazione globale che ha ormai sfondato il tetto degli otto miliardi di persone. Perché mai bisognerebbe porli in concorrenza tra loro? L’agrivoltaico, anche detto agri-fotovoltaico o agrisolare, vuole fare proprio il contrario. Si tratta di un sistema per produrre energia pulita installando pannelli solari nei campi agricoli, ombreggiando le colture e aumentando così le loro rese.

 

In sintesi, dunque, cos'è un parco agrisolare? È un terreno coltivato sul quale vengono posizionati pannelli fotovoltaici rotanti a circa cinque metri dal suolo. Una unità elettronica li governa in modo tale che siano sempre orientati verso il sole, non si facciano ombra a vicenda e, al tempo stesso, tengano riparata una certa quota della coltivazione. In questo modo, si aumenta sia la produttività dei campi sia quella dei pannelli.

 

I benefici dell'agrivoltaico

Il sistema dell’agrivoltaico è piuttosto recente, ma desta parecchia attenzione perché porta con sé alcuni vantaggi:

  • si installano nuovi pannelli fotovoltaici senza consumare suolo;
  • gli agricoltori hanno a disposizione una fonte di reddito aggiuntiva;
  • le rese agricole aumentano, riducendo così il fabbisogno di acqua e fertilizzanti;
  • si compensano almeno in parte le emissioni di CO2 dovute al settore agricolo;
  • si incrementa la produzione di energia rinnovabile.

 

Bisogna anche considerare che i terreni devono presentare determinate caratteristiche molto specifiche per potersi prestare a questo uso. C’è anche chi teme che interventi così invasivi compromettano l’habitat delle specie animali autoctone: è di questo parere, per esempio, la Lega italiana protezione uccelli (Lipu).

 

PNRR e agrivoltaico

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), all’interno della missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, prevede svariate misure volte a incrementare la produzione e l’uso di energia pulita nel territorio nazionale. 

 

Ci sono per esempio 2,2 miliardi di euro per le comunità energetiche: ma cos’è una comunità energetica? È una coalizione di condomini, attività commerciali, associazioni e piccole imprese che si organizzano tra loro per produrre in loco l’energia da fonti rinnovabili, consumarla e gestirla.

 

Insieme a questa e altre misure, ci sono due incentivi per l'agrivoltaico nel Pnrr:

 

  • 1,5 miliardi di euro per l’investimento “Parco agrisolare” che si propone di installare pannelli su 4,3 milioni di mq di tetti di stalle o altre strutture agricole e zootecniche, con una potenza installata di 0,43 GW e riqualificando contestualmente le strutture stesse.
  • 1,1 miliardi di euro per l’investimento “Sviluppo agrovoltaico” che si propone di “installare a regime una capacità produttiva da impianti agro-voltaici di 1,04 GW, che produrrebbe circa 1.300 GWh annui, con riduzione delle emissioni di gas serra stimabile in circa 0,8 milioni di tonnellate di CO2”.

 

Agrivoltaico in Italia

In Italia lo sviluppo dell’agrivoltaico è ancora a uno stadio embrionale ma, se indirizzato nel modo giusto, potrebbe rappresentare una soluzione ad alcune criticità tangibili. 

 

Innanzitutto, con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) l’Italia si è impegnata a soddisfare con le fonti rinnovabili il 30% del consumo finale lordo di energia, entro il 2030. Il che imporrà di installare almeno 60-65 GW di nuova capacità produttiva da fonti rinnovabili, sempre entro la fine del decennio. Per avere un termine di paragone, durante il 2021 (che è stato un anno molto positivo) ne sono stati installati 1,3 GW, superando la soglia dei 60. Insomma, il ritmo dovrà accelerare.

 

Attualmente però si sta verificando un paradosso. Soprattutto nelle zone meno redditizie, ci sono contadini che preferiscono cedere in affitto i propri terreni alle società energetiche alla ricerca di spazio dove installare pannelli solari, garantendosi così una rendita sicura con minori sforzi. Così facendo, però, si sottrae spazio ai campi e si consuma ulteriormente suolo. Tutto questo mentre il 7,13% del territorio nazionale già oggi è coperto da asfalto e cemento (dati Ispra).

 

Via libera in Puglia all'impianto di Motta della Regina

Lo sviluppo di questo settore è destinato a fare un grande passo avanti. Poco prima di Natale, infatti, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha dato il via libera a un impianto da 37,6 MW che la società Marco Polo Solar vorrebbe costruire in località Motta della Regina – Celentana, in provincia di Foggia. I numeri sono di tutto rispetto: si prevede di installare oltre 68mila moduli fotovoltaici su 44 ettari, per un investimento complessivo pari a 25 milioni di euro.

 

La Puglia si candida così a consolidare il proprio primato nel campo delle energie pulite. Con 2.933 megawatt installati, è già la prima regione italiana per potenza degli impianti fotovoltaici domestici (il dato è del 2021).

 

Le polemiche

Non tutti mostrano entusiasmo per questa iniziativa. I consiglieri di opposizione del comune di San Severo hanno diramato un comunicato che si scaglia contro il sindaco Francesco Miglio, accusandolo di avere “svenduto” il territorio.

 

Il protocollo d’intesa relativo al nuovo parco agrivoltaico sarebbe infatti stato siglato senza consultare i cittadini, le associazioni, i sindacati e il mondo agricolo. E tenendo all’oscuro addirittura alcuni consiglieri di maggioranza.

 

Il rischio paventato dall’opposizione è che mega-progetti di questo calibro compromettano una zona di “alto valore paesaggistico e di interesse culturale”. Sarebbe prevista inoltre la piantumazione di uliveti super intensivi che rischiano di fare concorrenza rispetto alle cultivar autoctone, mettendo in difficoltà i produttori locali.