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Il problema dell’acqua contaminata di Fukushima
Tra pochi mesi sarà marzo 2021, il decimo anniversario del terremoto e dello tsunami che cambiarono le sorti del Giappone. All’epoca il mondo restò con il fiato sospeso mentre la conta delle vittime continuava a salire (oltre 15mila quelle accertate) e una serie di esplosioni provocava gravi danni alla centrale nucleare di Fukushima.
Ad oggi non è ancora stata detta la parola fine sulla vicenda. Gli operatori della centrale infatti per anni hanno raffreddato i reattori riversando su di essi tonnellate di acqua. Nel frattempo, quella contenuta nelle falde è venuta a contatto con le radiazioni.
Finora l’acqua contaminata è stata stoccata in circa mille serbatoi, ma ben presto saranno tutti pieni. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica avverte: considerato che la quantità aumenta a una media di 160 tonnellate al giorno, questo momento scatterà a metà del 2022. A quel punto bisognerà trovare una soluzione.
Un’ipotesi: riversare l’acqua nell’Oceano
Il governo nipponico non ha ancora ufficializzato alcuna decisione, ma c’è un’ipotesi sulla quale si dibatte con sempre maggiore insistenza: riversare nell’Oceano 1,2 milioni di tonnellate di acqua contaminata.
A primo acchito, la sola idea può far rabbrividire. E ha già suscitato le accese proteste dei pescatori, spaventati dalla prospettiva di vedersi bloccare le esportazioni.
Un approfondimento del New Scientist cerca di placare gli animi, ricordando che la misura è stata ampiamente discussa a livello scientifico. L’acqua è già stata filtrata, rimuovendo circa 62 contaminanti; resta presente in concentrazioni degne di nota soltanto il trizio.
Si tratta di un isotopo dell'idrogeno debolmente radioattivo con un tempo di dimezzamento pari a poco più di 12 anni. Molto leggero, potrebbe raggiungere la costa occidentale degli Stati Uniti nell’arco di due anni. Fortunatamente, però, sembra avere poche conseguenze sulle cellule viventi.
A fare più paura sono altri radionuclidi ben più pericolosi, come lo stronzio-90 (che può provocare tumori alle ossa e leucemie) e lo iodio-129 (cancerogeno che tende a fissarsi nella tiroide). Il filtraggio infatti ha ridotto la loro concentrazione, ma non l’ha azzerata del tutto.
Secondo alcuni esperti citati dal New Scientist, i danni per la vita marina sarebbero comunque ridotti, comparabili a quelli che si verificavano quando la centrale era in funzione. Ma la verità è che anche i migliori scienziati, per ora, possono solo avanzare delle ipotesi.
Le altre opzioni per smaltire l’acqua contaminata
Per quanto controversa, quella di riversare l’acqua nell’Oceano per ora è l’opzione che appare più plausibile. Gli esperti hanno valutato anche l’ipotesi di sotterrare l’acqua o di vaporizzarla, arrivando però a sconsigliarla alle autorità.
Un’alternativa è la costruzione di nuovi serbatoi, a terra o nel sottosuolo. Ma è comunque una soluzione dispendiosa, impegnativa e tutt’altro che esente da pericoli, in una zona che rimane ad altissimo rischio sismico.