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Autodifesa al femminile: i punti dove colpire

Si usa dire "meglio essere un guerriero in un giardino che un giardiniere in una guerra", per esprimere un concetto chiaro: meglio sapere come difendersi efficacemente sperando di non dovervi mai ricorrere piuttosto che l'opposto. L'autodifesa richiede di conoscere i punti importanti dove colpire, per aumentare al massimo la nostra efficacia.

Autodifesa al femminile: i punti dove colpire

 

Nell’epoca di quello che viene chiamato “Empowering Women”, l’autodifesa per le donne diventa una materia di studio sempre più approfondita e praticata.

Molti sono gli stili di difesa personale appropriati per le donne e non sempre hanno il classico approccio delle arti marziali o degli sport da combattimento.

Infatti quando si parla di autodifesa il tutto ha un contesto ben specifico: la vita di tutti i giorni, coi vestiti di tutti i giorni (magari scarpe coi tacchi o una gonna stretta), senza possibilità di fare riscaldamento e contro un avversario non del nostro peso, che magari ci attacca di sorpresa, magari armato, e magari addirittura con dei complici. Questi sono i temi caldi dell’autodifesa.

 

Dove si trovano i punti deboli di un aggressore

Studiando i vari stili scopriamo abbastanza presto che in un contesto realistico, ovvero dove una donna è costretta all’autodifesa, quello che è indispensabile fare è eliminare in tempi brevi la minaccia arrecata dall’aggressore, con pochi colpi efficaci.

Non esistono regole, come negli sport da combattimento, e dobbiamo conoscere l’anatomia umana per poterne approfittare. Anzitutto va detto che i punti deboli sono quasi tutti lungo la line centrale del corpo umano.

Dall’alto al basso abbiamo la testa (la sutura sagittale), il naso, il mento, la gola, la bocca dello stomaco e i genitali. Dietro abbiamo la nuca e la colonna vertebrale. Molti di questi bersagli sono vietati negli sport da combattimento e nelle competizioni marziali.

 

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Autodifesa: graffi e dita negli occhi

Ma cosa ci dice l’esperienza pratica? L’avversario va annichilito in breve tempo e reso inoffensivo, specie nel caso esso sia più grande, pesante e forte di noi. Per cui se possibile dimenticativi graffi e dita negli occhi.

Nella realtà le dita negli occhi posso sì apportare danni ma non riescono ad ridurre la minaccia di un aggressore ma, anzi, spesso il dolore lo rende più rabbioso e quindi più pericoloso. Lo scopo non è arrecare dolore ma danno debilitante e, se possibile, rendere inoffensivo l'aggressore.

Le dita negli occhi quindi possono debilitare per poco tempo, ma l’avversario tornerà alla carica con ancora più aggressività. Stessa cosa vale per i graffi, antico retaggio di quando l’uomo aveva ancora unghie simili ad artigli in grado di creare ferite pericolose perché potenzialmente infettabili in un mondo selvaggio e privo di antibiotici. Oggigiorno il graffio non ha più senso in un contesto di autodifesa.

 

Autodifesa, una lista dei punti deboli...

Allora, su cosa dobbiamo concentrarci in caso di aggressione? La testa è il bersaglio principale ma dobbiamo evitare di colpire la fronte, la parte più dura, molto più dura delle ossa della mano che contro di essa tendono a rompersi. La parte alta, la nuca, le tempie, il naso, il mento e la mandibola sono le parti sulle quali dobbiamo scaricare tutta la forza, senza rischio di ferire le nostre mani.

E, come detto non perderemo tempo coi graffi ma con colpi a piena potenza. La gola è, specialmente in un contesto di vita o di monte, è l’altro punto debole.

La bocca dello stomaco e i genitali, da colpire a piena forza, perché non mortali, se non in rarissimi casi, si possono colpire sia con gli arti superiori che con quelli inferiori: piede, tibia e ginocchio.

Se il piede non è calzato da una scarpa sicura, la tibia è da preferire per non rischiare di rompersi le dita. Al di sotto dei genitali troviamo le ginocchia, altro punto debole da colpire per atterrare l’avversario e renderlo incapace di inseguirci.

Ultimo punto, magari inaspettato: le dita delle mani. Sono facili da piegare, provocando grande dolore, spesso esposte a sproposito. Il panico ci impedisce di pensare lucidamente e rendersi conto di quanto queste siano a portata di mano, ma spesso lo sono, e un aggressore con delle dita rotte diventa incapace di continuare l’aggressione, di afferrarci o di utilizzare oggetti. Il tutto senza aver compromesso la sua salute a lungo termine.

 

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Foto: bialasiewicz / 123RF Archivio Fotografico