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Omeopatia, come funziona

L'omeopatia continua a far discutere, ma si aprono scenari sempre più integrati in cui viene dato spazio a medicine non convenzionali per la cura e il benessere delle persone.

Omeopatia, come funziona

Quando si parla di omeopatia si scatenano tutti i tipi di commenti, pareri più o meno avvalorati da studi scientifici e revisioni, interessi di ogni genere. Forse questa disciplina è una delle poche che riesca ancora a generare così tanti conflitti in tutto il mondo.

Il padre dell’Omeopatia è stato il medico tedesco Samuel Hahnemann a metà del 1700, che ebbe la costanza di approfondire l’intuizione di Ippocrate relativa al “similia similibus curantur”, il simile cura il simile e con iniziali prove empiriche sull’uso del chinino per la malaria, proprio su se stesso, soggetto sano, vide che dopo l’assunzione comparivano i tipici sintomi da malaria.

Lavorò allora in maniera programmatica e scientifica sulle dosi e mise a punto rimedi diluiti e dinamizzati per preservare il messaggio curativo del principio attivo e per potenziarlo energeticamente con lo scuotimento.

Arrivò così alla preparazione di rimedi con dosi infinitesimali di principio attivo, che ad oggi sono sempre più specializzati e si occupano non solo di curare il sintomo del disturbo, ma soprattutto il “terreno”, cioè la condizione generale del paziente che ha contribuito al sopraggiungere della malattia, per correggere i disequilibri.

 

Omeopatia, un'altra medicina?

L’Omeopatia in alcuni Paesi rientra tra le Medicine non convenzionali, fanno eccezione la Svizzera che invece dal 2017 l’ha annoverata tra le medicine convenzionali, la Francia che l’ha riconosciuta ufficialmente nel 1965, il Regno Unito nel 1945, e la Germania, il Belgio, il Lussemburgo, i Paesi Bassi.

In Italia l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, ha riconosciuto come validi 3000 farmaci omeopatici che entro la fine del 2018 dovrebbero entrare a far parte del prontuario, una volta completati i relativi dossier.

Questo è un piccolo successo che fa ben sperare in un riconoscimento a più ampi sistemi e in sempre più Paesi. La diffusione dell’omeopatia, di chi si cura con l’omeopatia e di medici omeopati è davvero vasta, e finalmente anche in Italia potrà diventare alla portata di tutti anche economicamente.

Certo siamo ancora molto lontani da realtà come Francia, Germania e Svizzera, dove esistono veri e propri centri ospedalieri di medicina integrata, dove se le condizioni lo consentono, si mettono in atto trattamenti nel rispetto della salute globale dell’individuo, della sua tipologia e della sfera psicologica, adottando rimedi naturali, spaziando dai fitoterapici agli omeopatici.

 

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Il medico omeopata

La figura sanitaria che esercita la professione di omeopata deve essere necessariamente un medico, poiché in ogni caso parliamo di medicina, convenzionale o non convenzionale, e quindi di un “atto medico”. Ma dove si formano e qualificano gli omeopati?

Al momento in Italia non sono attivi veri e propri corsi di specializzazione presso le Università, poiché l’omeopatia non è stata ancora riconosciuta come Medicina Convenzionale, ma esistono dei master per Farmacisti presso le università di Siena e Bergamo e scuole private accreditate ECM dove possono accedere laureati in Medicina e Chirurgia, Farmacia, Veterinaria e Odontoiatria.

Offrono piani di studio molto strutturati con diversi livelli formativi per incontrare le diverse esigenze dei professionisti, da un percorso base annuale a uno più avanzato della durata di due anni, a una formazione permanente continua in medicina integrata. Queste scuole sono facilmente individuabili con ricerche online, e forniscono informazioni in merito al loro percorso di studio e ai docenti.

Una curiosità: in Francia vi è una situazione controversa, è stato infatti sospeso lo storico corso di specializzazione in Omeopatia presso l’università di Lille e già da qualche anno anche presso l’università di Bordeaux adducendo motivazioni legate alla non evoluzione dell’omeopatia con i tempi e alla sua inefficacia, ma vi sono molti altri atenei in cui tali corsi sono stati mantenuti attivi.

Chissà a volte ci sono involuzioni formative o semplicemente interessi di altra natura da porre "sul tavolo delle discussioni".

 

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