Intervista

Il cambio di rotta dell'omeopatia. Intervista a Simonetta Bernardini

Le novità più rilevanti sull'omeopatia raccontate dalla dottoressa Simonetta Bernardini, responsabile del primo centro ospedaliero di medicina integrata in Italia dove si praticano l’omeopatia e l’agopuntura per i cittadini ricoverati.

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©Simonetta Bernardini

Simonetta Bernardini è medico specialista in Pediatria ed Endocrinologia, membro della Commissione per le medicine complementari e non convenzionali della Regione Toscana, presidente della Siomi – Società italiana di omeopatia e medicina integrata.

 

Inoltre è responsabile del Centro ospedaliero di Medicina integrata dell’Ospedale di Pitigliano, il primo in Italia dove si praticano l’omeopatia e l’agopuntura per i cittadini ricoverati. Oltre alla sperimentazione in corsia, avviata nel 2011 e poi estesa anche alla riabilitazione neurologica e alle cure palliative in Hospice, si aggiungono gli ambulatori di medicina complementare che hanno superato le 30.000 visite.

 

Sono già molte le pubblicazioni scientifiche oggetto della sperimentazione, in particolare riguardo all’efficacia della medicina integrata in patologie specifiche. 

 

Chiediamo alla dottoressa Bernardini quali sono le novità più rilevanti in tema di omeopatia.

 

Un cambio di verso

Basata sul concetto che “il simile cura il simile”, l’omeopatia – che secondo l’Oms è la medicina più diffusa dopo la biomedicina occidentale e quella erboristica – prevede che il medicamento, attraverso le sue diluizioni, aiuti a guarire se il soggetto presenta sintomi simili a quelli che la sostanza è in grado di produrre.

 

In riferimento ai meccanismi d’azione vi sono teorie sulla memoria dell’acqua, su biofotoni e quanti, ma non hanno riscosso grande attenzione tra i ricercatori internazionali che, anzi, accusano tali argomentazioni di essere implausibili scientificamente.

 

Quali sono le nuove certezze?

L’omeopatia sta vivendo un momento molto importante, un nuovo verso in direzione della scienza convenzionale, che non contraddice le leggi della chimica, della farmacologia e della tossicologia.  

 

A questi nuovi traguardi stiamo arrivando tramite accademici “ortodossi”, esperti di chimica, ingegneria chimica e, in particolare, di ormesi, ovvero la relazione dose/risposta caratterizzata da un effetto bifasico, una funzione adattativa per cui organismi e sistemi biologici esposti a un'ampia gamma di stimoli mostrano risposte opposte a seconda della dose.

 

Gli studi del professor Jayesh Bellare, dell’Università di Mumbai, hanno dimostrato in maniera incontrovertibile, attraverso il microscopio elettronico a trasmissione, la presenza di un rilevante numero di molecole di principio attivo in tutte le diluzioni omeopatiche. Le piccole dosi, le nanomoli, sono sufficienti a dare una risposta terapeutica. Del resto, proprio una parte della farmacologia più tradizionale ha sviluppato sempre di più negli ultimi anni le teorie della “farmacologia delle microdosi”. 

 

Secondo il professor Edward Calabrese, tossicologo dell’Università di Ahmerst, in Massachusetts, massimo esperto al mondo di ormesi, i risultati osservati sono spiegabili proprio con il meccanismo di “stimolazione a basse dosi”. Un rovesciamento di azione tra una dose grande tossica e una dose piccola che ha invece un effetto protettivo o terapeutico.

 

La lungimiranza dei modelli operativi annunciati già dal 2006 ha riscosso finalmente chiare conferme scientifiche. Ora si parla meno della memoria dell’acqua, si tratta di “normali” interazioni chimiche uguali a quelle dei comuni farmaci prescritti per la guarigione.

 

La sua competenza, però, parte da lontano. Sono salve tutte le esperienze svolte finora in Italia e nel mondo?

L’omeopatia è, con la fitoterapia, la medicina più diffusa al mondo dopo la biomedicina: 

 

> in India ci sono 700 laboratori di produzione, 400 milioni di pazienti stimati, molti ospedali omeopatici;

 

> secondo i dati dell’ECH – European Committee for Homeopathy – nell’Unione Europea circa 40.000 medici hanno seguito corsi di formazione in omeopatia, il 40% dei medici di famiglia in Francia e il 75% di quelli tedeschi prescrive medicinali omeopatici regolarmente o occasionalmente;

 

> in Svizzera fa parte del Sistema Sanitario Nazionale;

 

> in Italia, secondo i dati Eurispes del 2017, il 21,2% della popolazione fa uso di medicine complementari e l’omeopatia è la più diffusa. In Toscana, la utilizza un bambino su quattro.

 

La medicina omeopatica ha dimostrato un effetto positivo attraverso studi controllati randomizzati e/o studi osservazionali in più di 40 condizioni cliniche. I dati più recenti e significativi vanno dalla sindrome di affaticamento cronico alla depressione, dalle malattie reumatiche agli effetti da mastectomia, dalle infezioni acute recidivanti delle alte vie respiratorie alle terapie di supporto alle neoplasie.

 

Ci sono dati incoraggianti anche relativamente a costi/benefici?

Si, decisamente. Il programma francese di ricerca EPI3, riferito a ben 8559 pazienti e oggetto di 11 pubblicazioni, ha rilevato, specificatamente in alcuni disturbi, efficacia simile al trattamento convenzionale, ma con minori effetti avversi e consistenti riduzioni del consumo di farmaci.

 

I medicinali omeopatici, preparati da sostanze naturali, non sono tossici. Per via della dose minima sono adatti anche a donne in gravidanza, neonati e bambini. A essi possono fare riferimento quei pazienti che non possono assumere farmaci di sintesi a causa degli effetti collaterali.

 

Qualità e sicurezza sono garantite dalle istituzioni sanitarie nazionali con riferimento alla legislazione comunitaria e ai criteri della Farmacopea europea.

 

La medicina integrata si conferma anche come contributo sociale?

È dimostrato che l’apertura di un servizio di medicina integrata in una zona di periferia aumenti molto l’ingresso in queste medicine della popolazione fragile, soprattutto persone con un basso grado di istruzione e condizioni economiche disagiate. A differenza di quanto rivelato da ISTAT, c’è una discriminazione di accesso alle cure in medicina complementare: ISTAT, infatti, ha censito non tanto chi ne ha bisogno ma chi può permettersele. 

 

Un’indagine del Centro di medicina integrata dell’Ospedale di Pitigliano (di cui sono responsabile scientifica) ha dimostrato che, se resa disponibile alla popolazione tramite Servizio Sanitario pubblico, ad avvalersene sono soprattutto anziani con malattie croniche.

 

L’esperienza ultraventennale di integrazione dell’omeopatia nel SST ha consentito a migliaia di cittadini di accedere a prestazioni garantite e di sviluppare un percorso di maggiore appropriatezza e scientificità nella pratica clinica.

 

Cosa si augura per il prossimo futuro?

Nel 2011 sono stata “madrina” dell’evento nazionale "Manifesto per la medicina integrata" cui hanno partecipato le più importanti istituzioni nazionali della medicina ortodossa.

 

Insieme a me, importanti autori hanno scritto questo documento sottolineando il gioco di squadra e lo spirito dell’iniziativa: “Nove punti, volutamente nemmeno un decalogo, da sviluppare nel post-Manifesto con l’aiuto e la collaborazione di tutti coloro che hanno a cuore questo possibile rinnovamento della medicina nell’interesse della salute dei cittadini.

 

I tempi sono maturi per costruire una grande casa comune, trasformando, finalmente, la guerra tra medicine in alleanza tra più modi di promuovere o recuperare la salute, con un occhio attento alla complessità dell’individuo e un altro alla necessità di un approccio interdisciplinare rigoroso nei metodi e nelle necessarie verifiche scientifiche”.

 

Mi auguro, allora e ancora oggi, che i protagonisti del rinnovamento della medicina che si apre all’alleanza tra risorse di cura saranno tutti coloro che da oggi vorranno prendere a cuore questo progetto, da far crescere e sviluppare con il contributo di tutti.