Intervista

La crisi e la fine di un ciclo. Intervista a Mario Pianta

Della crisi spiegata nei soliti allarmanti modi siamo stanchi. Per questo abbiamo voluto sfogliare “Nove su dieci. Perché stiamo (quasi) tutti peggio di 10 anni fa”, testo dell'economista Mario Pianta, che insegna all'Università di Urbino. In 175 pagine circa, Pianta ci spiega qualcosa che vale la pena approfondire. Per non smettere di assistere e iniziare a vivere, vedere davvero la situazione in cui ci troviamo

La crisi e la fine di un ciclo. Intervista a Mario Pianta

Qualcosa cambia in Europa, gli equilibri politici ci dicono che la politica di austerità non funziona. Ci troviamo in piena situazione di crisi, lo si ripete continuamente. Lei dice che è la fine di un ciclo, in che senso?

Si è costruita un’Europa sui pilastri di una finanza sregolata e di una cieca fede nel mercato, il “neoliberismo”. Ora la finanza sta distruggendo l’economia reale – l’Italia ha oggi un quarto della produzione industriale in meno di prima della crisi e paga il 10% di tutta la spesa pubblica solo per gli interessi sul debito – e le politiche di austerità imposte dall’Europa stanno provocando una grande depressione. Abbiamo poco tempo per cambiare strada.

 

Le persone in Italia stanno peggio rispetto a 10 anni fa. 9 italiani su 10 stanno peggio in termini prospettive, reddito, tranquillità. La cosa incide sul corpo e l'energia vitale. In che modo a suo parere?

Nove su dieci stanno peggio in termini economici e sociali: meno reddito, ma anche contratti precari, meno tutele sul lavoro, pensioni ridotte, poche opportunità, zero certezze sul futuro.

E’ colpità la dignità delle persone, l’autostima, i messaggi dei media “colpevolizzano” le vittime: non sono abbastanza flessibili, se stanno peggio è un po’ colpa loro. Di qui un disagio sociale e personale che si estende, stress, frustrazione, fino ai casi clamorosi dei tanti suicidi per colpa della crisi.

 

Questo malessere ruota intorno alla concentrazione della ricchezza in un 10%. Come si è arrivati a questa situazione? 

Per vent’anni fare soldi è stato l’unico metro di misura, l’immagine dominante è stata quella dei ricchi di successo – incarnata fino in fondo da Berlusconi sia nella sua politica che nel suo stile di vita.

E tutte le politiche realizzate – sia dal centro-destra che dal centro-sinistra - hanno favorito il 10% più ricco, in Italia come in Europa: riduzione delle tasse, privatizzazioni, liberalizzazioni, delocalizzazione della produzione, una finanza sempre più forte, il lavoro sempre più debole.

Questo sistema ci ricorda la diseguaglianza tipica degli anni '30, ha lasciato fare i mercati e la finanza, ha tolto una fetta importante di reddito cittadini. Occorre cambiare strada. Lei nel suo libro fornisce alcune proposte per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale e migliorativo nella prospettiva sociale. Ce ne parla brevemente?

Si deve rimettere al centro le persone, il lavoro, l’economia reale. Legare le mani alla finanza, cambiare le regole dell’Europa e usare la politica in modo nuovo, per proteggere la società, i valori della Costituzione, i diritti dei cittadini.

La spesa pubblica deve tagliare le spese per armi e proteggere il welfare, il problema del debito pubblico va affrontato con un’azione comune delle autorità europee azzerando gli spazi per la speculazione. E poi si deve far ripartire la domanda, con investimenti che devono costuire produzioni sostenibili, e creare posti di lavoro di qualità.

 

 

Lei insegna Politica economica presso l'Università di Urbino. Come vede i suoi studenti? Demotivati, disorientati, forti?

I giovani sono fragili, disorientati, individualisti, hanno pochi punti di riferimento e sono vittime della precarizzazione in modo profondo. Fanno fatica a pensare di avere identità e interessi collettivi, comuni e non sanno ancora che mettendosi insieme si possono cambiare le cose.

 

"Sbilanciamoci" è una campagna di cui lei stesso è fondatore. Ci spiega di cosa si tratta?

Dodici anni fa abbiamo pensato che servivano delle proposte concrete alternative a quello che i governi facevano, ora ci sono 50 associazioni nazionali che ne fanno parte e costruiscono ogni anno una “controfinanziaria” proponendo una spesa pubblica che serva alle persone e non ai poteri forti e alternative alle politiche europee di austerità.

Ci sono decine di libri e rapporti scaricabili gratis da Sbilanciamoci.org, con le informazioni sulle campagne in corso, e poi il sito Sbilanciamoci.info ogni settimana fa controinformazione su come potremmo cambiare l’economia. E’ uno strumento per far partecipare le persone. 

 

La crisi riguarda un intero modello di sviluppo. In un'intervista del 24 maggio 2011 rilasciata a Wise Society realizzata da Francesca Tozzi, lei ha spiegato: "Deve cambiare la qualità di quello che si produce e il modo in cui lo si produce, recependo gli stimoli venuti dai critici della crescita a tutti i costi". Nel nostro piccolo, ciascuno di noi, cosa può fare per attivare questo cambiamento?

Uscire dall’individualismo, ricostruire relazioni sociali con le persone con cui lavoriamo, i vicini di casa, quelli con cui condividiamo valori e obiettivi.

Poi agire collettivamente – protestare insieme quando serve, inventare soluzioni comuni quando si può - per lavorare e vivere meglio.

Infine riscoprire la politica: se non ci riprendiamo la politica, saranno sempre il 10% dei più ricchi e potenti a vincere.

Altre informazioni sono sul sito di Nove su dieci
e sulla pagina facebook di Nove su Dieci