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Mango materials: il futuro è biodegradabile

Trasformare le emissioni di metano in un biopolimero con cui produrre abiti e oggetti, in alternativa alla plastica: è l’innovazione sostenibile della startup californiana Mango Materials.

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Il metano, da problema a risorsa

Per convenzione, i gas serra vengono misurati in tonnellate di CO2 equivalente: visto che ciascuno di essi ha un certo impatto sul clima e permane in atmosfera per un determinato periodo di tempo, questa unità di misura fa sì che il loro effetto climalterante sia comparabile.

Questo parlare di CO2 non deve però farci dimenticare che, appunto, i gas serra sono diversi. E uno dei più dannosi in assoluto è il metano

 

Questo gas infatti intrappola il calore 25 volte in più rispetto alla CO2, restando però in atmosfera circa dieci anni, contro i quasi 120 anni dell’ossido di diazoto. Nel 2021 la sua concentrazione in atmosfera ha raggiunto le 17 parti per miliardo (ppb), il valore più alto mai registrato.

 

Se è così, perché non trovare il modo di recuperare il metano prima che entri in atmosfera, trasformandolo in qualcos’altro? Due ingegnere, Allison Pieja e Molly Morse, durante il loro dottorato di ricerca alla Stanford University hanno proprio studiato la produzione dei biopolimeri PHA (poliidrossi-alcanoati). Così, insieme alla microbiologa ambientale e ingegnera Anne Schauer-Gimenez, hanno dato vita a Mango materials.

 

Cos’è Mango materials

Mango materials è una startup californiana che recupera il metano che si genera dagli scarti del biogas e, attraverso un processo di fermentazione a opera dei batteri (non geneticamente modificati), produce proprio il PHA. Cioè un polimero che – a differenza della plastica – non ha nulla a che vedere con il petrolio ed è completamente biodegradabile.

 

“Crediamo che i biopolimeri siano fondamentali per preservare i nostri ambienti naturali, in particolar modo i nostri amati oceani. I biopolimeri non sono più un ‘nice to have’: sono necessari, e lo sono adesso. Il PHA offre una soluzione che è in completa armonia con la natura”, scrivono le tre fondatrici nel sito ufficiale della startup.

 

Ma perché mango”, se nel materiale prodotto non c’è traccia di questo vegetale? Perché le fondatrici amano la frutta, in particolare il mango, che “ricorda a tutti che la natura è divertente, vivace e di ispirazione per le nostre vite”. 

 

Cosa si può produrre col PHA biodegradabile

Il processo elaborato dalla startup si presta a svariate applicazioni. I pellet in PHA – detti YOPP e YOPP+ – possono essere inseriti nei tradizionali sistemi produttivi, al posto dei tradizionali pellet in materie plastiche, per realizzare sia fibre tessili (alternative al poliestere) sia prodotti rigidi (come tappi, vasetti e altri oggetti stampati in 3D).

 

Una volta arrivati a fine vita, questi prodotti hanno due possibili destinazioni. Se finiscono in discarica o in un altro impianto di gestione dei rifiuti, il metano derivante dal loro smaltimento può essere a sua volta recuperato per generare altro PHA. Se invece vengono dispersi nell’ambiente, si biodegradano completamente. In entrambi i casi, l’impatto ambientale è ridottissimo.