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L’autocura: una pratica verso l’autonomia del paziente?

Nel momento in cui navighiamo in questo portale o in altri siti web alla ricerca di come curare un malessere stiamo realizzando, senza rendercene conto, una delle pratiche dell’autocura. Vediamo meglio in cosa consiste questo crescente fenomeno nel campo della salute e quali sono i suoi rischi e vantaggi

L’autocura: una pratica verso l’autonomia del paziente?

Siti web, blog e forum su salute e benessere rientrano nell’ampio tema dell’autocura: spesso, quando soffriamo di un lieve disturbo, prima di rivolgerci di persona ad un professionista della medicina omeopatica o allopatica ci documentiamo attraverso le risorse del web nel tentativo di realizzare un’autodiagnosi sul male che ci affligge e trovare possibili rimedi e soluzioni.

Anche la scatola delle medicine presente in ogni casa è un elemento centrale delle pratiche di autocura. Quando si ha il solito mal di testa, febbre o raffreddore, si ricorre alla scatola delle medicine per assumere un farmaco che già conosciamo nella speranza di guarire più in fretta possibile.

Queste ed altre pratiche di autocura si stanno diffondendo velocemente, incoraggiate dall’ampia disponibilità di materiale divulgativo su temi relazionati con salute e benessere e dalla disponibilità sul mercato di farmaci da banco (chiamati anche farmaci OTC dall’inglese Over The Counter, “sul banco”), che non richiedono prescrizione medica.

 

Cos’è l’autocura

La diffusione delle strategie di autocura è un fenomeno che merita l’attenzione dei ricercatori nel campo della medicina e delle scienze sociali. In Italia uno dei primi studi sul tema, realizzato da Veronica Agnoletti, è stato pubblicato nel 2012 nel libro “Verso l’autocura e l’automedicazione. Una convergenza apparente”. La lettura di questo testo consente di approfondire da un punto di vista scientifico la complessità del tema, di cui possiamo solo fare un breve cenno in questo articolo.

Il termine "autocura" (self-care nel mondo anglofono) definisce l’insieme dei saperi, delle tecniche, delle pratiche utilizzate a livello individuale, familiare o comunitario per proteggere la propria salute e per guarire un malessere in maniera autonoma, senza ricorrere al medico o a un farmaco di prescrizione. Si tratta quindi di un concetto ampio che comprende l’uso domestico di strumenti propri della biomedicina (come il termometro o i farmaci) e di prodotti erboristici e omeopatici, ma include anche la crescente attenzione degli individui nei confronti di uno stile di vita sano.

Per questo l’autocura non deve essere confusa con le pratiche della medicina popolare o tradizionale perché, anche se le modalità di autocura possono attingere dai saperi popolari, esse si nutrono anche delle nozioni e tecniche della biomedicina.

Le pratiche di autocura possono infatti includere al loro interno l’automedicazione, ovvero l’insieme delle cure che una persona realizza su se stessa con i medicinali da banco per risolvere principalmente malesseri e disturbi facili da autodiagnosticare, come quelli stagionali (nel caso di cure  realizzate tramite medicinali con ricetta si parla invece di autoprescrizione).

 

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I vantaggi dell’autocura

L’autocura presenta dei vantaggi sia per i singoli individui che per il sistema medico nazionale.

Dal punto di vista delle singole persone, le pratiche di autocura permettono una maggiore libertà ed autonomia di scelta sull’itinerario terapeutico da seguire e sul tipo di medicina e medicamenti cui affidarsi, che possono variare dai rimedi caserecci, alle cure delle medicine olistiche, ai più comuni analgesici e antinfiammatori in vendita in farmacia.

I vantaggi per il sistema sanitario, invece, si riscontrano soprattutto nei termini di una progressiva agevolazione dei processi terapeutici (dalla diagnosi, alla ricerca del medicamento adeguato, alle attività di cura).

Se ogni persona diviene capace di gestire autonomamente problemi di salute lievi, il sistema sanitario - e di conseguenza i suoi utenti - ne possono trarre benefici: si riducono le file e i tempi di attesa, i medici ricevono meno pazienti e possono così fornire un servizio più attento e approfondito.

 

I rischi dell’autocura

La maggior autonomia che stiamo acquisendo nel campo della salute, però, presenta dei rischi che non dobbiamo sottovalutare. Uno di questi è l’aumento della medicalizzazione e farmacologizzazione di malesseri che fino a qualche decennio fa erano curati con il riposo e che ora invece sono trattati con l’assunzione di farmaci sintomatici ad effetto rapido.  

Attraverso il diffondersi dell’automedicazione, i farmaci stanno progressivamente uscendo dall’ambito clinico-medico per entrare a far parte della quotidianità alla stregua di altri oggetti di uso comune, come i prodotti alimentari.

Questo aspetto dell’autocura, che potremmo definire consumismo farmacologico, invece di generare individui autonomi e consapevoli delle molteplicità di opzioni di cura esistenti nel campo delle medicine, può provocare una sorta di dipendenza da farmaci e rifiuto del malessere come esperienza naturale del corpo umano.

 

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Bibliografia:

  • Agnoletti Veronica, “Verso l’autocura e l’automedicazione. Una convergenza apparente”, 2012,  FrancoAngeli Editore, Milano.
  • Pizza Giovanni, “Antropologia medica. Saperi, pratiche e politiche del corpo”, 2005, Carocci Editore, Roma.