Sonno REM, fisiologia e funzioni

Il sonno è contraddistinto da due macro-fasi: si comincia con la fase dell’assopimento, quella non REM, per poi arrivare al sonno profondo con la fase REM (acronimo di rapid eye movement). Scopriamo meglio la fisiologia e le funzioni del sonno REM per il benessere dell’organismo.

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Le fasi del sonno 

Tutti noi passiamo circa un terzo della nostra vita a dormire, e proprio dal sonno dipende in modo determinante il nostro benessere fisico e psicologico. Nonostante ciò, pochi sono realmente consapevoli di come funzioni il sonno e di cosa succeda alla nostra mente e al nostro corpo mentre dormiamo.

 

Cominciamo con il dire che le fasi del sonno sono cinque, a loro volta suddivise in due macro categorie: il sonno non REM e il sonno REM. 
Il sonno non REM si articola in questo modo:

  • Stadio 1 (3-12 minuti): è la fase dell’addormentamento, in cui le onde cerebrali Beta (tipiche della veglia) lasciano spazio alle Alpha. I movimenti oculari rallentano, la temperatura inizia a scendere e la muscolatura a rilassarsi.
  • Stadio 2 (10-20 minuti): si entra nel sonno vero e proprio, senza più alternanza con stati di coscienza, e a livello cerebrale si presentano (oltre alle onde Theta) anche due componenti, i complessi K e i fusi del sonno.
  • Stadio 3 (10 minuti): entrano in gioco anche le onde Delta, il sonno è più profondo e rilassato.
  • Stadio 4 (30-50 minuti): con le onde Delta che sostituiscono completamente quelle Theta, il rilassamento è profondo e il sonno è senza sogni.

 

Dopodiché si passa alla fase REM. Ma qual è il significato di sonno REM? L’acronimo significa Rapid Eye Movement (movimenti oculari rapidi): l’attività cerebrale diventa frenetica, la muscolatura è quasi paralizzata, la temperatura corporea si abbassa, il respiro diventa rapido e il battito cardiaco irregolare. Questa è la fase in cui si sogna. 

 

Sonno REM 

Dopo avere visto cosa si intende per sonno REM, vediamo meglio quanto deve durare il sonno REM. Mediamente la fase non REM occupa il 75-80% del sonno, mentre il restante 20-25% del tempo è destinato a quella REM. Nel corso del sonno le fasi REM incrementano la loro durata: il primo ciclo dura da 1 a 7 minuti, quelli successivi da un minimo di 20 a più di 40 minuti e si ripetono per circa 4 o 5 volte.

 

La definizione REM si deve a Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman che nel 1953, nel corso dei loro studi, notarono rapidi movimenti oculari durante il sonno e attraverso un poligrafo registrarono le onde cerebrali manifestate in quella condizione.

 

Dieci anni dopo lo stesso Kleitman, insieme a William Dement, introdusse la distinzione tra fase non REM e fase REM e il concetto di architettura del sonno.

 

Fisiologia del sonno REM 

Movimento Rapido degli Occhi, sia in orizzontale sia in verticale in modo sincronico e concorde. Questa è solo una delle caratteristiche che connotano questa fase del sonno, altrimenti detto sonno paradosso.

 

Viene spontaneo chiedersi quale sia la differenza tra sonno REM e sonno profondo: in realtà, per “sonno profondo” ci si riferisce all’ultima fase del sonno non REM. 

 

Pur dormendo infatti, vi è una sollecitazione corticale che “agita” il sistema vegetativo: la respirazione si velocizza, il consumo di ossigeno da parte del cervello aumenta, il battito cardiaco oscilla tra bradicardia e tachicardia, il tono arteriolare periferico presenta brevi episodi di vasocostrizione, a volte con tumescenze dei genitali, mentre la temperatura corporea si abbassa, il tono muscolare è lasso e completamente soggetto alla forza di gravità, come paralizzato.

 

L’attività cerebrale è caratterizzata da onde di frequenza Theta intervallate da rapidi scambi Alpha e Beta, in modo desincronizzato, ovvero con un’alternanza casuale. Il sistema ortosimpatico, che favorisce l’eccitazione e l’attività fisica, prevale su quello parasimpatico, che al contrario stimola il rilassamento, il riposo e l’immagazzinamento di energia.

 

Funzioni del sonno REM 

Rispetto al sonno NREM, definito anche sonno lento, che risulta essere funzionale al ristoro dell'organismo, i benefici del sonno REM riguardano il riposo e la rigenerazione del cervello. Il sistema nervoso centrale matura e in questa fase la memoria, in particolare quella procedurale, attiva un processo di recupero e fissazione delle informazioni immagazzinate.

 

Se il sonno REM favorisce questa riattivazione cerebrale, allora potrebbe anche contribuire allo sviluppo ontogenetico del cervello stesso. Infatti, quante ore di sonno REM a notte dipende dall’età: nei bambini la quota di REM è di molto superiore rispetto ad un soggetto adulto. Si pensi infatti che occupa circa il 50% dell’intero sonno, per poi ridursi al 20-25% in età adulta. 

 

È interessante notare che nell’analisi dell’ontogenesi del sonno, con l’avanzare degli anni i quattro stadi non REM subiscono alterazioni quantitative, con una maggiore penalizzazione del terzo e quarto stadio (sonno profondo), mentre la percentuale di sonno REM si mantiene pressoché costante.

 

Molti si chiedono cosa succede se si ha il sonno REM alto, basso o se il sonno REM è troppo. Abbiamo chiesto chiarimenti a Luigi De Gennaro, professore ordinario presso l’università La Sapienza di Roma, autore di oltre settecento pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero e segretario e direttore editoriale dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS).  

 

“Dopo il 1953, quando fu identificato il sonno REM, ci sono stati alcuni decenni di grande interesse per questo sonno, con una sorta di implicito: che la cronica deprivazione di sonno REM si associ a disturbi psichiatrici e di altro tipo. Dopo tantissime ricerche, la risposta vera è che la parziale o totale deprivazione di REM non ha serie conseguenze”, risponde.
“Per quanto riguarda la deprivazione parziale, ci sono milioni di persone depresse, in trattamento farmacologico, che hanno una cronica riduzione del sonno REM e non hanno disturbi addizionali come conseguenza”, continua. 

 

“Per quanto riguarda la deprivazione totale, invece, una persona durante la guerra del Kippur venne colpita da un proiettile in una struttura del cervello dove si genera il sonno REM. Questa persona è sopravvissuta, si è laureata, ha lavorato come avvocato, è andata in pensione ed è diventata un’enigmista. Anche questo caso unico suggerisce che non ci siano gravissime conseguenze sulla salute”.

 

Ma la depressione può quindi incidere sulla quantità o qualità del sonno REM? “Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la depressione maggiore diminuisse il sonno REM, ma questa teoria altera il rapporto causa-effetto”, risponde il professor Luigi De Gennaro. “A diminuire o azzerare la quantità di sonno REM non è la depressione in sé, bensì i trattamenti farmacologici. Le tre grandi famiglie di antidepressivi – inibitori delle monoaminoossidasi, antidepressivi triciclici e SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) – in diverse modalità e con diverse entità, riducono tutte il sonno REM”.

 

Il sogno 

Nella fase REM l’attività onirica è alla sua massima espressione, perché l’attività corticale è molto elevata e desincronizzata.

 

La definizione che ne danno gli psicofisiologi, in base al loro approccio specifico, è molto interessante - “sogno: un’esperienza mentale nel sonno con carattere di alienità, maggiore o minore nitidezza percettiva, contraddistinta da allucinazioni e frequente partecipazione personale ed emozionale del sognatore alla scena sognata” (Bosinelli-Franzini, Psicofisiologia del Sonno, 1986).

 

Quindi è una attività mentale, partecipata emotivamente, con gradi di percezione più o meno accentuati. Questo spiega il fatto che generalmente i contenuti dei sogni REM vengono ricordati. Da questa fase ci si risveglia piuttosto rapidamente, le percezioni sensoriali sono subito attivate e la mente è lucida.

 

Tale lucidità a volte si estende anche ai sogni stessi, sono i cosiddetti lucid dreams, durante i quali il sognatore è consapevole di essere impegnato in un’attività onirica e ne controlla i contenuti.

 

Sonno non REM 

Il sonno non REM ha funzioni molto diverse rispetto a quelle del sonno REM, ma altrettanto fondamentali:

  • il sistema muscolare si rilassa, risponde sempre meno agli stimoli esterni e, così facendo, riesce a riposare, preparandosi alle attività del giorno successivo;
  • il corpo riduce il proprio consumo metabolico rispetto allo stato di veglia, assicurandosi di avere risorse sufficienti per sostenere le proprie funzioni vitali;
  • le informazioni apprese durante la giornata si stabilizzano, collegandosi anche alle conoscenze immagazzinate nella memoria a lungo termine; 
  • il sonno non REM è coinvolto nella regolazione della plasticità sinaptica, essenziale per il miglioramento delle funzioni cognitive, come l'apprendimento e la risoluzione dei problemi;
  • l’organismo rilascia l’ormone della crescita, coinvolto nella riparazione e nella crescita dei tessuti, inclusi muscoli e ossa;
  • il sonno non REM influisce sulle regolazioni metaboliche, inclusa la sensibilità all'insulina e la gestione del glucosio, e sui livelli di ormoni come il cortisolo e il testosterone.

 

La qualità del sonno 

La qualità del sonno meriterebbe maggiore attenzione, perché è un pilastro del benessere generale di ogni persona, indipendentemente dall’età. Il numero di ore di sonno durante la notte è uno dei parametri da considerare, ma non è l’unico: è infatti essenziale che il sonno REM e il sonno non REM si alternino correttamente, esercitando le loro funzioni. 

 

Quando ci si accorge, allora, che il sonno non è ottimale? Quando si fa fatica ad addormentarsi di sera, quando i risvegli durante la notte sono frequenti, quando ci si alza molto prima del suono della sveglia. Non solo: un sonno di cattiva qualità non è mai davvero ristoratore, ma lascia la persona sempre stanca, poco reattiva, irritabile, priva di energie durante il giorno. Chi dorme troppo poco fa fatica a concentrarsi e può avere la tendenza ad assopirsi anche in momenti tutt’altro che opportuni, come al lavoro e sulla guida.

 

Cosa fare, dunque, per tutelare la propria qualità del sonno?

  • sforzarsi di seguire una routine regolare, mangiando, lavorando e dormendo sempre alla stessa ora;
  • consumare una cena leggera, evitando cibi grassi, fritti e di bassa qualità;
  • moderare il consumo di alcool e sostanze eccitanti (come teina e caffeina), evitandolo del tutto alla sera;
  • assicurarsi che la camera da letto sia buia e silenziosa, che il letto sia comodo e che la temperatura sia intorno ai 18-20 gradi;
  • evitare di bere troppo prima di addormentarsi, perché ciò impone di svegliarsi più volte per urinare;
  • spegnere i dispositivi elettronici (computer, smartphone, tablet ecc.) almeno una o due ore prima di dormire;
  • astenersi da attività troppo impegnative, a livello fisico e mentale, durante la serata;
  • sdraiarsi a letto soltanto per dormire, e non per lavorare, mangiare o guardare la televisione.