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Cosa sono le etnomedicine

Chi usa le piante per curarsi sa che alcune di queste provengono da medicine tradizionali di altre culture. Scopriamo quali sono le etnomedicine e la visione che hanno dell’uomo e della malattia

Cosa sono le etnomedicine

Le etnomedicine o medicine tradizionali sono quel corpo di teorie e pratiche mediche complesse e coerenti, provenienti da altre tradizioni culturali. Esempi di questi sistemi sono la medicina tradizionale cinese, la medicina ayurvedica, la medicina tibetana, quella andina, quella africana e quella nostra: la Medicina Tradizionale Mediterranea. Nell’occidente industrializzato ed evoluto i sistemi medici tradizionali sono andati quasi irrimediabilmente distrutti o dispersi e le parti derivanti da questa dispersione sono sopravvissute in alcune professioni come l’erborista, il fitoterapeuta, i guaritori della tradizione rurale e quelli delle ultime società tribali.

Ogni società nel corso del tempo ha sviluppato conoscenze, modi di utilizzare sostanze, misure e pratiche spiegabili e non, fondate su basi socio-culturali e religiose caratterizzanti la propria comunità. Queste conoscenze si appoggiano esclusivamente sulle esperienze vissute e su osservazioni, trasmesse di generazione in generazione oralmente e per scritto, utilizzate per diagnosticare, prevenire o eliminare un disequilibrio del benessere fisico, mentale e sociale.

La medicina tradizionale è quindi un insieme di tecniche, sistemi diagnostici, visione dell’uomo, del corpo e del suo funzionamento, che acquisiscono senso proprio dalla loro interazione, radicandosi nei dispositivi culturali di una comunità specifica, che a tale risorsa fa riferimento per curarsi, e pone invece al centro dell’intervento la condizione complessiva del malato e la sua totale situazione esistenziale e ambientale.

 

Le caratteristiche delle etnomedicine

Le caratteristiche comuni, complessivamente riscontrabili, delle etnomedicine sono l’imprescindibilità tra la dimensione tecnica e culturale della terapia, la centralità della dimensione spirituale, l’importanza dell’esperienza e dell’osservazione, la trasmissione familiare del sapere e la visione olistica della salute.

Infatti, l’insieme di conoscenze teoriche e pratiche delle medicine tradizionali viene trasmesso mediante un sistema di apprendimento diverso, parallelo, a volte in contrapposizione a quello della medicina ufficiale o accademica, e i cui elementi costitutivi fondamentali spesso risalgono a epoche molto antiche o precedenti la Rivoluzione scientifica del XVII secolo.

I trattamenti tradizionali si basano sull’utilizzo di piante officinali e rimedi naturali presenti nella flora o nell’ambiente di appartenenza. A questo proposito è interessante notare come piante che crescono in uno specifico territorio contengano principi attivi adatti a curare le patologie, che possono insorgere negli abitanti che lo abitano, con cui condividono gli stessi fattori climatici e ambientali.

Le conoscenze e competenze della pratica terapeutica tradizionale possono non essere immediatamente riconducibili a una logica “scientifica”, che ne verifica la validità e la veridicità attraverso la sperimentazione ed il metodo razionale. Infatti, sebbene le etnomedicine ricorrano a un sistema basato sulla causa ed effetto, per identificare l’origine e la ragione dell’evento patologico, l’interpretazione che viene data della malattia fa riferimento spesso alla dimensione spirituale. Oltre alla diversità dei meccanismi eziologici, la medicina tradizionale si contraddistingue dalla medicina ufficiale anche per ciò che riguarda l’efficacia terapeutica, che nel caso di trattamenti tradizionali si svincola dall’ideologia dell’oggettività e si dispone su un piano che potrebbe essere definito psicosomatico, in quanto la malattia fisica è interpretata come la manifestazione visibile di squilibri che intercorrono tra mente e corpo.

 

La visione olistica delle etnomedicine

L’uomo è indissolubilmente legato alla sua mente e al suo ambiente. Secondo questo principio, le etnomedicine si pongono concettualmente e operativamente alla prevenzione e cura delle malattie, con lo scopo di diagnosticare ed eliminare ogni disequilibrio psico-fisico e sociale dell’individuo. La malattia viene, infatti, concepita come il risultato della rottura di uno stato di equilibrio, interno all’individuo o tra esso e l’ambiente in cui vive, di cui la patologia fisica è l’effetto finale; conseguentemente l'approccio all’evento patologico è articolato, complesso in quanto tiene conto della dinamica di interazione tra le diverse parti della persona e il contesto che la circonda.

L’approccio olistico della medicina tradizionale contrasta con della medicina ufficiale disinteressata alla dimensione socio-culturale del soggetto malato e incapace di coglierle l’uomo in relazione all’ambiente esterno, dal momento che essa interpreta sempre la malattia come la conseguenza di cause disfunzionali naturali di tipo bio-chimico e tratta separatamente i singoli organi come se fossero i soli responsabili del malessere dell’individuo.

 

Il rapporto terapeuta-paziente nelle etnomedicine

Elemento comunque comune tra le diverse etnomedicine, o medicine tradizionali, è la condivisione del modo di percepire e raffigurarsi il mondo tra il terapeuta e il malato: è tale rapporto di interrelazione coerente e d’intesa tra i due soggetti, facenti riferimento allo stesso immaginario e a una visione socio-culturale compartecipata della malattia e dell’ambiente, ad assumere una rilevanza fondamentale nel trattamento e nell’efficacia della cura tradizionale.

 

La situazione odierna delle etnomedicine

A partire dagli anni ’70, la politica sanitaria internazionale ha cominciato ad interessarsi delle etnomedicine, riconoscendone progressivamente l’importanza come risorsa terapeutica ed accettando il ruolo rilevante dei terapeuti tradizionali per il soddisfacimento dei bisogni di salute.

L’idea alla base di simili interventi è stata quella di integrare la medicina tradizionale all’interno del sistema sanitario nazionale, non senza ambiguità però sul ruolo da attribuirle. La logica dell’integrazione, infatti, presuppone la fusione dei due sistemi di cura, a vantaggio di quello convenzionale che è in grado di esercitare una pressione maggiore nel loro rapporto di forza, con conseguente assimilazione o delle risorse terapeutiche tradizionali.

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