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Effetto Placebo: di cosa si tratta?

Il nulla che cura! Se ci pensiamo può sembrare paradossale, ma l’effetto placebo è un fenomeno di grande importanza, utilizzato scientificamente come parametro misuratore in test clinici per verificare la validità e l’efficacia di un rimedio. Scopriamo di più

Effetto Placebo: di cosa si tratta?

La definizione effetto placebo è ormai entrata nel nostro linguaggio comune e spesso viene utilizzato anche in senso denigratorio quando non si crede nell’efficacia effettiva di alcune terapie e si pensa che agiscano solo per una forma di suggestione.

Vediamo meglio di cosa si tratta.

 

Come funziona l’effetto placebo: i meccanismi

Placebo innanzitutto significa “piacerò”, dal latino “placere” coniugato al futuro. Dietro a questo significato vi sta una tecnica di natura psicosomatica che prevede la somministrazione di un “nulla”, cioè di un finto rimedio privo di qualsiasi principio attivo, all’insaputa del paziente, al quale ne viene invece indicata la reazione curativa.

Le aspettative legate al presunto farmaco sviluppano una reazione a livello neurovegetativo con la produzione di endorfine che modificano la percezione del dolore e la reazione del sistema immunitario, migliorando la condizione generale del soggetto.

In ambito clinico si utilizza l’effetto placebo per testare un nuovo farmaco creando dei gruppi di studio: a parità di condizioni endogene ed esogene, cercando quindi di azzerare il più possibile le variabili, vengono somministrati rimedi placebo e rimedi effettivi a campione, spesso in doppio cieco, ovvero all’insaputa del soggetto sottoposto al test e anche all’insaputa del ricercatore, in modo da non influenzare nemmeno in minima parte la sperimentazione.

Le risultanti confrontate stabiliranno se il divario di efficacia testato risponda ai parametri che sanciscono la validità di un rimedio.

 

Gli effetti placebo

Abbiamo anticipato come l’effetto placebo agisca a livello psicologico con risposte somatizzate. Le teorie su tali reazioni sono molto più complesse e articolate.

Si parte sicuramente da un ambito di natura psichica, in cui giocano un ruolo fondamentale varie componenti extrafarmacologiche, come la fiducia nei confronti del medico somministratore, la fiducia nei principi attivi (presunti) del rimedio, l’effetto suggestionante e autosuggestionante.

Alcuni ricercatori attribuiscono l’efficacia del placebo anche ad una risposta positiva dell’organismo in ambito biochimico, ormonale e immunitario, con un effetto "placebo-analgesia" che vede una remissione del dolore, del disturbo di portata rilevante.

 

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L’effetto nocebo

Sulla base degli stessi meccanismi, sia di natura psicosomatica, sia biochimica possono verificarsi casi anche di effetto “nuocerò”, nocebo appunto.

Per cui in alcuni soggetti sia il rimedio inattivo sia quello effettivo da testare possono causare risposte negative e una recrudescenza del sintomo.

In questo caso si ipotizza uno scorretto rapporto medico-paziente improntato su una totale diffidenza nonché sfiducia sia tra le parti sia nei confronti della sperimentazione.

 

L’ensegnamento dell’effetto placebo

Al di là di meri giudizi privi di cuore, come spesso accade presso certi professionisti estremamente integralisti, mi sento di dire ben venga l’effetto placebo, senza entrare nella questione etica! Questo ci dimostra come la nostra mente possa guidare il nostro organismo e la sua reattività.

Quale potenza possono avere i farmaci se alla somministrazione meccanica venisse associata una corretta relazione empatica tra medico e paziente!

Penso a tutte quelle cure salvavita necessarie a malati oncologici e a come sarebbe importante integrare i reparti con figure professionali in grado di lavorare in maniera complementare al solo scopo di portare a casa il risultato: il benessere psicofisico dell’essere umano.

 

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