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Stitichezza del neonato, cause e rimedi

Il neonato piange inconsolabilmente, è nervoso, non defeca ai ritmi giusti e le feci sono dure e a palline: ecco la stitichezza nel neonato e i consigli per risolverla.

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©milkos - 123rf

 

Le cause della stitichezza nel neonato 

La felicità estrema di una nascita si accompagna alle mille preoccupazioni che possono insorgere una volta che ci si ritrova a tu per tu con la propria creatura. Una delle prime e più frequenti cause di agitazione e preoccupazione che accomuna i neogenitori riguarda senz’altro le scariche del neonato.

 

Nei primi tre-quattro giorni di vita il neonato espelle il meconio, una sostanza abbondante e catramosa formata da liquido amniotico, muco, bile, cellule epiteliali intestinali e acqua. Dopodiché le feci si trasformano, diventando soffici e di un colore giallo oro, con sfumature verso il senape o verde. Questo accade sia che si allatti al seno, sia che il neonato assuma latte artificiale.

 

Inizialmente i neonati (cioè i bebè nei primi 28 giorni di vita) tendono a scaricarsi molto frequentemente, soprattutto se si nutrono di latte materno, praticamente durante o dopo ogni poppata. Nel lattante (cioè dai 28 giorni ai sei mesi circa) queste scariche diminuiscono, fino, in certi casi, a ridursi notevolmente. 

 

Di per sé, il fatto che il lattante non si scarichi con la frequenza delle prime settimane di vita non deve destare preoccupazione. Si tratta infatti di una fase di transizione, durante la quale deve ancora imparare a usare nel modo giusto il suo sfintere per l’immaturità dei muscoli: una condizione che tecnicamente si chiama dischezia. È questo il motivo per cui può stare due o tre giorni senza scaricarsi, per poi provare a farlo spingendo con i piedi e con le mani, diventando rosso e piangendo.

 

Ma nel concreto, quanti giorni può stare un neonato senza scaricarsi? Una risposta univoca non c’è: ci sono lattanti in ottima salute che si scaricano anche ogni quattro o cinque giorni. 

 

La frequenza delle scariche, dunque, non è l’unico criterio da considerare. Si può parlare propriamente di stitichezza quando si presentano anche altri segnali: le feci sono dure e a palline e il bambino appare irritato, disturbato e particolarmente propenso a piangere.

 

Lasciando quindi da parte la dischezia, tra le altre cause della stitichezza nel neonato ci sono:

  • latte artificiale inadatto o non sufficientemente diluito;
  • malattie congenite, malformazioni o alterazioni anatomiche;
  • istintiva paura di defecare, a causa di precedenti esperienze dolorose.

 

Stitichezza del neonato: l'allattamento  

In assenza di problematiche mediche specifiche, è piuttosto raro che un bambino allattato esclusivamente al seno sia stitico. Di norma si tratta al più di dischezia, cioè della già descritta difficoltà a coordinare lo sfintere anale, ma le feci restano morbide. 

 

Alcuni rimedi della nonna per la stitichezza del neonato rischiano paradossalmente di complicare le cose. Innanzitutto, la neomamma non è tenuta a variare la sua alimentazione per risolvere eventuali problemi gastrointestinali del neonato (vale per la stipsi ma anche per le coliche); al più, il latte può variare leggermente il suo sapore, ma resta comunque adatto alle caratteristiche del neonato e dunque non può nuocergli in nessun modo.

 

Un’altra cosa da non fare è somministrare acqua, tisane, camomilla o altre bevande al bambino per farlo bere di più e ammorbidire le feci. Fino a sei mesi di vita, l’unico alimento da assumere è il latte (materno o formulato): l’acqua può essere proposta con l’inizio dello svezzamento.

 

Il latte artificiale 

Risulta invece più comune la stitichezza nel neonato che assume latte artificiale: anche in assenza di problematiche, di norma le evacuazioni sono più sporadiche rispetto a quelle di un neonato allattato al seno.

 

Prima di tutto bisogna assicurarsi di avere preparato correttamente la formula, dosando in modo accurato l’acqua e la polvere (un latte eccessivamente denso rischia di risultare meno digeribile e provocare feci più dure). Un’altra indicazione preziosa, in termini di sicurezza, riguarda la temperatura. L’acqua va prima fatta bollire, poi portata a 70°C: solo a quel punto si può aggiungere la polvere, per poi far ulteriormente raffreddare il latte.  

 

Se anche rispettando queste indicazioni si nota che il bimbo fa fatica a evacuare, ci si può rivolgere al pediatra che saprà consigliare una tipologia di formula più adatta. Di norma, le formule a base di latte vaccino o di soia favoriscono la formazione di feci più solide.

 

Stitichezza del neonato: lo svezzamento 

Un’altra fase spesso critica è lo svezzamento. Più correttamente bisogna parlare di bambino, visto che la parola “neonato” si riferisce ai primi 28 giorni di vita. 

 

L’introduzione di cibi solidi, infatti, è un cambiamento importante ed è normale che inizialmente si accompagni a feci più dure e sporadiche, con un odore e un colore differente. Spesso, inoltre, il bambino tende a reagire con un’istintiva paura alla sensazione (per lui nuova) di emettere feci solide: non è raro dunque che pianga o si agiti.

 

Anche in questo caso, non c’è nulla da preoccuparsi nella misura in cui il bimbo trova, gradualmente, la propria regolarità. Per fare in modo che si scarichi regolarmente è utile proporgli frutta e liquidi (acqua e latte materno o formulato).

 

Rimedi per la stitichezza del neonato e del lattante 

Come aiutare un neonato o un lattante con la stitichezza? Ecco qualche semplice consiglio:

  • Per i neonati, un metodo molto semplice prevede di fare un bagnetto caldo e poi massaggiare dolcemente il pancino in senso orario, per agevolare la peristalsi intestinale. È utile anche piegare delicatamente le gambine verso la pancia, per poi distenderle e tornare a piegarle: anche questo è un modo per stimolare la muscolatura addominale.
  • Una delle più efficaci posizioni per stimolare l'evacuazione del lattante è quella “a ranocchia”: in sostanza bisogna prenderlo in braccio “fronte mondo”, cioè tenendo la sua schiena appoggiata al proprio corpo, sollevandogli le gambine con le mani. Così facendo, il piccolo si trova con il sederino verso il basso e i piedini che puntano in avanti. Questa posizione aiuta la fuoriuscita di gas (il che è prezioso per chi soffre delle cosiddette coliche) e stimola la discesa delle feci. Può essere una buona abitudine mettere il neonato in questa posizione dopo la poppata o, in generale, negli orari in cui solitamente evacua.  
  • In farmacia sono in vendita anche sondini in silicone con i quali eseguire una lieve stimolazione del retto, per far sì che il bimbo evacui tranquillamente e venga aiutato a capire come funziona il meccanismo. Sulla punta di questi sondini si può anche mettere una goccia di olio di mandorle e miele, per rendere il processo ancora più delicato. Bisognerebbe però ricorrere a questo metodo solo occasionalmente, per evitare che diventi un’abitudine.
  • Sempre in farmacia si possono acquistare alcuni piccoli clisteri formulati ad hoc per la prima infanzia, a base di ingredienti naturali come il miele. Andrebbero però somministrati quando si è alle prese con stitichezza vera e propria, cioè quando le feci sono dure e provocano disagio; se si tratta di semplice dischezia nel lattante, spesso non sono necessari.
  • Quando il bambino è già svezzato, si può ricorrere a integratori naturali che incrementano il volume della massa fecale; solitamente sono a base di fibre alimentari e vitamine, come vitamina B1, PP e B6. Un’altra sostanza molto apprezzata è la manna, che richiama l’acqua verso il lume intestinale e rende quindi le feci più morbide. Prima di somministrare qualsiasi integratore, però, è necessario consultare il pediatra.

 

Il massaggio e gli esercizi 

Il neonato ha per sua natura un enorme bisogno di contatto. Non c’è dunque da stupirsi se i metodi più naturali e meno invasivi per alleviare i suoi disagi (tra cui dischezia, stitichezza e coliche) comportino quasi sempre il contatto fisico. 

 

Tra questi c’è il massaggio sole-luna, di origine indiana, da fare con olio di mandorla. Si chiama così perché muovendo una mano in senso orario si disegna un cerchio sul pancino del bambino; muovendo invece l’altra mano, sempre in senso orario, si disegna una luna. È importante muovere le mani sempre nello stesso verso, coerentemente con i movimenti dell’intestino. 

 

Dopo aver ripetuto sei volte questo massaggio, è bene sollevare le ginocchia del lattante, tenendole unite e piegate, e avvicinarle delicatamente all’addome per poi distenderle. Anche questo movimento va ripetuto sei volte.  

 

L'alimentazione e i cibi da evitare

Quando non si parla più di neonato e lattante (che si nutrono esclusivamente di latte) bensì di bambino, in fase di svezzamento o già completamente svezzato, l’alimentazione inevitabilmente influisce sul corretto transito intestinale.

 

Per evitare la stitichezza, è fondamentale che chiunque – bambino o adulto – beva a sufficienza e che assuma adeguate quantità di fibre, presenti in frutta fresca, verdura, legumi e cereali. Soprattutto nella prima fase dello svezzamento, però, è opportuno non esagerare con le fibre: fino ai due anni è dunque preferibile proporre legumi decorticati e cereali raffinati (quelli integrali vanno limitati a piccoli assaggi).

 

Non esistono alimenti che, da soli, provochino o guariscano la stitichezza. Nei periodi in cui il bambino soffre di stipsi, può essere opportuno limitare i cibi ricchi di amidi (patate, banane acerbe, mais), le farine bianche (prediligendo quelle integrali, più ricche di fibre), la carne rossa (che può rallentare la digestione), gli alimenti molto grassi e di scarsa qualità.

 

Probiotici, sì o no?  

In caso di stitichezza nel neonato, può essere opportuno somministrargli probiotici? “La stitichezza del neonato riconosce molteplici cause, tra cui la disbiosi intestinale, pertanto è molto comune la prescrizione di probiotici. La scelta dello specifico prodotto va però ponderata in base alla storia clinica del bambino”, risponde la dottoressa Erika Biral, pediatra presso il Policentro Pediatrico.

 

Quando preoccuparsi per la stitichezza

“La stitichezza, intesa come difficoltà a espellere le feci o ridotta frequenza delle evacuazioni, riconosce molteplici cause e nella maggior parte dei casi non dipende da una malattia organica vera e propria”, ricorda la dottoressa Erika Biral

 

“Un ruolo importante è sicuramente giocato dall'alimentazione ricca di fibre e dalla adeguata assunzione di liquidi durante la giornata. Nei bambini più grandicelli possono entrare in gioco anche alcuni fattori di ordine psicologico soprattutto nel momento dell'abbandono del pannolino. Solo raramente si riconoscono delle malattie alla base di questa manifestazione ed è il pediatra che decide, in base alla compresenza di altri sintomi e segni, se sia il caso di intraprendere un percorso di approfondimento specialistico”.

 

“Importante non sottovalutare questo sintomo, che può incidere in modo importante sulla quotidianità dei bimbi, essere causa di malessere, inappetenza, dolore addominale e dolore all'evacuazione con formazione di ragadi anali; e che può essere trattato con idonei interventi sull'alimentazione o sulla consistenza delle feci per alleviare il discomfort del bambino e mirare a ottenere una regolarità del transito intestinale”.