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Cos'è il progetto Life Drylands

Le brughiere sono habitat preziosi per la biodiversità. Eppure molte sono trascurate, soprattutto in Pianura Padana. L'Università di Pavia ha avviato un progetto per la loro conservazione: si chiama Life Drylands.

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©beatatabak - 123rf

Forse non tutti sanno che le brughiere sono risorse preziosissime per la biodiversità. Non si tratta di un covo per erbacce ma di una fonte di nutrimento per gli insetti e, di conseguenza, una protezione per l’uomo.

Spesso si tratta di territori trascurati, abbandonati a se stessi: un habitat a rischio. La Pianura Padana è costellata di brughiere e per questo il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia, ha deciso di prendersene cura attraverso il progetto europeo denominato “Life Drylands”.
 

Gli obiettivi del progetto

L’obiettivo è migliorare lo stato di conservazione di alcu­ni habitat naturali che sono in­clusi nella rete Natura 2000, la più grande rete di aree protet­te a livello europeo. La Valle del Ticino o i Boschi della Fagiana affacciati sulla sponda lombarda del fiume, i terreni vicino a cui confluiscono il Po, il Sesia e il Tanaro, la Brughiera del Dosso vicino all’aeroporto di Malpensa sono alcuni degli otto siti che da qui al 2024 avranno una nuova vita.

Si tratta di spazi aperti, che stanno su substrati acidi, zone che sono tendenzialmente ari­de, in Italia prevalentemente localizzate nella Pianura pada­na occidentale, quindi Piemon­te e Lombardia. Più nello specifico, gli obiettivi del progetto sono:

  1. Ripristino delle strutture verticali e orizzontali degli habitat mediante un approccio dinamico che renda possibile preservare un mosaico di vegetazione pioniera (con suolo nudo e croste biologiche del suolo), intermedia (con erbe perenni e/o arbusti nani) e matura (macchie arbustive a contatto con le comunità forestali);
  2. Controllo e riduzione delle specie invasive legnose come Robinia pseudoacacia, Prunus serotina e Ailanthus altissima, maggiormente responsabili della perdita di biodiversità negli habitat target;
  3. Aumento della diversità vegetale negli habitat target;
  4. Produzione, trasferimento e replica di linee guida per la gestione e il monitoraggio degli habitat sulla base dei risultati del progetto, con l’obiettivo di fornire modelli di gestione in un’ottica di evidence-based conservation;
  5. Sensibilizzare il grande pubblico e gli stakeholders sull’importanza degli Habitat Natura 2000 promuovendo il progetto e difondendone i risultati.
     

Silvia Assini è il responsabile scientifico del progetto. Per lei, “il valore di questi territori è alto, anche per il fatto che sono un’eccezio­ne straordinaria alle aree gene­ralmente antropizzate della nostra pianura”, ha spiegato ai giornali locali.

“In Pianura padana di solito si privilegia gestire i boschi e le zone umide, dimenticando che, nonostante il ter­reno sia ricco di acqua, ci sono un sacco di prati aridi che risul­tano fondamentali sia per le specie botaniche che ospita­no, sia per muschi e licheni”.

Gli habitat di cui parla Assini sono per la mag­gior parte compromessi e de­gradati e invasi soprattutto da specie legnose sia native sia al­loctone, che evolvono verso macchie boscose e che perciò devono essere rimosse.

Tra le altre cose, il progetto coordinato da Assini punta sul servizio di impollina­zione, perché oggi si assiste al­la moria delle api e, rispetto al­le zone umide e ai boschi, i pra­ti fioriti delle zone in studio possono essere una soluzione da non tralasciare.