Intervista

Usi rituali delle piante medicinali: star bene con i miti antichi

Qualità simboliche e potere terapeutico: il medico e docente di fitoterapia Stefani Piloni riflette sul sapere popolare e sui miti antichi, collegandoli alle evidenze scientifiche moderne sulle proprietà di erbe e fiori.

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©golubovy / 123rf.com

Siate selvatici. E quando avrete riconosciuto in voi questa natura, osate il passo necessario e successivo: “vivete salvatici”. Non possiamo addentrarci in una conversazione con Stefania Piloni - ginecologa, esperta di terapie naturali, titolare di un corso di naturopatia nella facoltà di Medicina all’Università degli Studi di Milano - senza aver accolto la premessa che le piante, sì, contribuiscono a definire chi siamo e da dove veniamo.

 

Il regno vegetale se la cava benissimo anche senza la nostra presenza sulla Terra ma noi, esseri umani, dipendiamo dall’ossigeno prodotto da alberi e arbusti totalmente.

 

Macrolibrarsi Fest 2023 Piloni partecipa con un’interessante conferenza domenica 24 settembre a tema “Le piante ci parlano: usi riturali e medicinali". Noi di Cure Naturali sappiamo bene quanto dalla natura possiamo trarre potenti rimedi per il nostro benessere e ci soffermiamo con Piloni sugli usi rituali delle piante. Lo stupore arriva subito. 

 

Stefania, perché abbiamo bisogno di rituali?

Abbiamo bisogno di rituali per crescere e attraversare le soglie e le fasi del vivere. Adottare un calendario è il primo rituale di cui disponiamo che raccoglie le cadenze dell’anno così come i passaggi cruciali delle nostre vite. 

 

Le piante accompagnano il nostro calendario: a Natale portiamo in casa un abete, vero finto che sia, e lo adorniamo di addobbi luccicanti nel periodo dell’anno di massimo buio. Il Cristianesimo ha reso con il Natale il tempo del Sol Invictus pagano, della luce che sconfigge le tenebre. In questo stesso periodo ci baciamo sotto un vischio, pianta parassita sacra per i Celti e molto importante in medicina per le sue proprietà citostatiche utilizzate in accompagnamento alle cure antitumorali. Per la tradizione, il vischio dovrebbe restare tutto l’anno in casa ed essere bruciato solo per far posto alla pianta nuova, secondo i ritmi della natura e del calendario, appunto. 

 

A Pasqua la Chiesa celebra la resurrezione di Cristo, che significa Unto, e la settimana precedente si portano in casa rami di ulivo, una pianta dal forte significato simbolico per i cattolici. L’olio dell’Olea europaea è presente in molti riti e nell’ultimo Sacramento, l’estrema unzione, accompagna l’individuo nel suo passaggio oltre questa vita. In medicina le sue proprietà sono collegate alla gestione della pressione, dunque al cuore, al battito, alla vita e l’associazione a Gesù è, dunque, emblematica.

 

Quando ci si laurea abbiamo in capo una corona d’alloro, in occasione di un matrimonio si usavano i fiori d’arancio e potremmo scomodare il linguaggio dei fiori per i significati con i quali vengono regalati. Ancora, a novembre portiamo ai nostri defunti il crisantemo, fiore del rispetto assoluto per gli antenati, per i grandi. Nella cultura giapponese questo è il simbolo dell’imperatore. Il suo fiorire nel periodo freddo fu da sempre associato alla sua volontà superiore alla morte. 

 

A tutti questi rituali aggiungiamo il più importante: l’acqua di San Giovanni che si prepara nella ricorrenza del Santo proprio con l’erba di San Giovanni, l’iperico. Il riferimento è al libro dell’Apocalisse e la lotta del Santo contro i demoni è resa nell’utilizzo dell’iperico. Il suo nome botanico, Hypericum perforatum, evoca i segni della lotta contro i demoni che con le loro ‘unghiate’ perforarono le foglie di questa pianta resistente e combattente. Le proprietà dell’iperico, del resto, agiscono proprio contro la depressione, il male oscuro. Se da noi l’iperico è considerato un prodotto da banco, in Germania si può assumere solo su prescrizione medica: occorre infatti conoscere bene in che modo interagisce con altri farmaci.

 

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©Stefania Piloni

Quali sono gli scopi di un uso rituale delle piante? 

Se le piante ci aiutano a respirare, significa che queste si legano al nostro primo flato di vita. Siamo, potremmo dire, aggrappati alle piante.

 

Le piante, come abbiamo visto, contribuiscono a scandire la nostra cronobiologia e il sapere di tradizione popolare e orale ci può rivelare molto a riguardo. I rituali ci aiutano a scoprire chi siamo e questo lo ritroviamo nell’oroscopo celtico, basato sugli alberi, ad esempio. 

 

Le donne vivono più rituali legati al sangue nel corso della loro vita: la ciclicità delle mestruazioni ci ricorda che tutto va bene e che stiamo crescendo, nel primo rapporto abbiamo una perdita e una interruzione del flusso potrebbe comunicarci una gravidanza. Così fino all’assenza assoluta, quando giungiamo alla luna nera e siamo, mi piace dirlo, streghe vere, pronte per la rivoluzione. Il sangue per noi donne è rituale e molte piante supportano queste fasi della vita della donna. Per gli uomini, non esistono rituali così manifesti, ma ce ne sono. 

 

La potenza delle storie nella conoscenza botanica 

Il mito delle stagioni è tra le storie più belle: Persefone, figlia di Demetra viene rapita, e sua madre la cerca disperatamente. Il mito racconta che Demetra ottiene da Zeus di poter riabbracciare sua figlia 6 mesi all’anno, nelle stagioni di primavera ed estate. In questo tempo in cui le due donne sono unite la natura è rigogliosa e fertile mentre quando Persefone si congiunge con Ade negli inferi, nel mondo è autunno e inverno. Il racconto pagano aggiunge che Demetra, disperata, si fosse inginocchiata a piangere a Eleusi (che diverrà celebre per i misteri eleusini) e che le sue lacrime, toccando il suolo, diedero vita ai papaveri. Mangiandone, la dea trovò conforto. Mi soffermo su questo mito perché si collega al modo in cui sia possibile approcciarsi alla conoscenza delle piante. Paracelso studiò il papavero e scoprì quali proprietà lo caratterizzano. Oggi noi sappiamo che Papaver somniferum ha proprietà sedative importanti e ha reso possibile l’anestesia in un tempo in cui ancora non esisteva il microscopio. Cos’è che attrasse tanto Paracelso verso lo studio di questo fiore? Lui, come gli erboristi, gli studiosi che riconoscevano usi alchemici e popolari delle piante, ha sfruttato la sapienza generatrice delle storie.

 

I doni non sono nascosti, la natura lascia segni e ce li suggerisce anche attraverso la bellezza. Se oggi usiamo il termine “stupefacente” in riferimento a una sostanza psicotropa, lo dobbiamo proprio a Paracelso che, nel descrivere il papavero, lo definì 'fiore stupefacente' la cui bellezza doveva necessariamente suggerire un approfondimento sulle proprietà della pianta. La tradizione secondo cui Demetra trovò sollievo mangiando il papavero non poteva essere casuale, Paracelso unì questo sapere alle sue ricerche.

 

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Secondo quanto Lei studia, le piante non soltanto ci parlano, ma piangono, camminano… Come nasce questa identificazione originale?

Il papavero, dalla storia che abbiamo raccontato, ci rendiamo conto che sia una pianta che “pianga”, ossia sia associata a una tradizione in cui le lacrime trovano conforto e ristoro attraverso sia consumo di piante dalle proprietà lenitive. Anche la calendula lo è. Secondo la mitologia, la calendula sarebbe una pianta nata dalle lacrime di Venere per la perdita di Adone. Anche nel suo caso questa pianta le donò conforto e noi oggi sappiamo che favorisce la guarigione da ferite ed è un buon cicatrizzante naturale. 

 

Tra le piante che camminano, nel mio libro racconto dell’achillea. Questa pianta cresce ai bordi dei sentieri e fa grande compagnia ai camminatori. Questa pianta è associata all’invulnerabile Achille ed è un rimedio di fortificazione, apprezzato dagli atleti. La sua peculiarità è l’avere radici poco profonde sul terreno, divendendo quindi facile da estirpare. Questa sua fragilità ricorda quella del tallone del nostro eroe greco. 

 

Tra le piante che tremano, invece, includo il gelsomino e il pioppo. Quest’ultimo, definito appunto Populus tremula, ha le foglie in uno stato continuo di vibrazione. Come rimedio è utilizzato per gestire la paura ed è consigliato ai soggetti timorosi che devono affrontare delle prove. Anche come essenza nei Fiori di Bach questa caratteristica è associata a questa necessità. 

 

Usi rituali delle piante: cosa sapere per cominciare?

Interagire positivamente con le piante vuol dire entrare in un rapporto di conoscenza. Per conoscerle bisogna averci a che fare. O meglio, bisogna averne cura. Facciamo passeggiate e osserviamo le piante che ci circondano, seguiamo un bel corso se siamo proprio digiuni di competenze.

 

Prendiamoci cura delle piante e se non abbiamo un giardino, ma almeno un balcone, coltiviamole pur sapendo che per loro crescere in un vaso è una forma di cattività e hanno bisogno di più attenzioni.  Occuparsi delle piante è occuparsi anche di se stessi. Quando poto i rami dei miei alberi mi accorgo che anche la mia mente sta facendo altrettanto con i rami secchi della mia vita, togliere le infestanti dal mio giardino mi permette di raggiungere una limpidezza di pensiero. Stare in natura con un atteggiamento meditativo permette di sentirsi ri-generati dal territorio al quale si appartiene. Anche per questo il nostro benessere dipende dalle piante e prendercene cura è nostra priorità. 

 

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L'intervistata

Stefania Piloni, medico chirurgo specializzata in ginecologia ostetricia, esperta di medicina naturale, ha scritto diversi libri, tra cui Le piante ci parlano. Entrare in sintonia con il linguaggio segreto della natura per ritrovare se stessi (Vallardi 2023). Tra i progetti attivi, il giardino Pratology, lo spirito dei prati: uno spazio vicino al Lago d'Orta per diffondere e promuovere il rispetto e la protezione delle risorse naturali della terra, l’armonia fra uomini e natura nel piano fisico, mentale e della coscienza.

 

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