Delfino, caratteristiche del cetaceo più amato

Caratteristiche del delfino: cetaceo marino estremamente intelligente. Socievole e giocherellone, è a rischio a causa di attività antropiche che ne minano la sopravvivenza.

delfino

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Delfino, il mammifero marino simbolo di gioia

Il termine delfino si riferisce generalmente a un gruppo di mammiferi marini appartenenti all'ordine dei cetacei, sottordine degli Odontoceti (cetacei provvisti di denti), famiglie Delphinidae (delfini oceanici) e Platanistoidea (delfini di fiume). Sono state scoperte quasi 40 specie di delfino, raggruppate in 17 generi.

Conosciuto per il suo carattere amichevole, giocherellone e per la sua capacità di saltare fuori dall'acqua con energici balzi, dall'antichità e fino ai giorni nostri il delfino è diventato un simbolo di gioia, vitalità e spensieratezza.

Proprio per via di queste sue caratteristiche, oltre alla forma del muso (rostro) che lo fa sembrare sempre sorridente, il delfino è un mammifero marino amato da grandi e bambini, entrato nell'immaginario come emblema di positività.



Habitat del delfino

Il delfino vive prevalentemente in mare. E' diffuso in due ampie zone di distribuzione, separate da una fascia tropicale: l’Oceano Atlantico settentrionale, compreso il Mediterraneo, e l’intera fascia temperata australe.

Tra le molte specie esistenti, il delfino comune vive in molti esemplari nell’Oceano Atlantico, Pacifico Indiano, ma è possibile anche ritrovarlo nel Mar Nero, nel Mar Rosso e nel Mediterraneo, tra Liguria, Corsica e Malta.

Tre specie di Platanistoidea, invece, vivono nei fiumi d’acqua dolce, mentre una quarta - la Pontoporia - vive negli estuari di acqua salata.




Le caratteristiche del delfino

Come già specificato, il delfino è un vertebrato appartenente alla classe dei mammiferi marini. Il suo corpo è perfettamente adattato alla vita acquatica: la forma è affusolata e idrodinamica, possiede un paio di pinne pettorali, una pinna dorsale e una coda forte e muscolosa, che utilizza come organo motore. 

Nonostante il suo aspetto molto simile a quello di un pesce, il delfino è provvisto di polmoni, anziché di branchie. Sul dorso si trova un'apertura, detta sfiatatoio, che gli permette il ricambio di ossigeno. 

La sua testa contiene un organo voluminoso e particolare, detto melone: si tratta di una massa di grasso che gioca una parte cruciale nelle funzioni di orientamento e ricerca del cibo, e che conferisce al capo del cetaceo la caratteristica forma arrotondata. 

In molte specie le mandibole sono allungate e formano un becco, o rostro, distintivo dell'animale. La bocca è popolata di denti, che nel delfino possono raggiungere il consistente numero di 250. Il cervello del delfino è molto grande paragonabile a quello umano, e possiede una corteccia estremamente complessa.

 

Le specie si differenziano sensibilmente in termini di lunghezza e peso. Il più piccolo, il delfino di Hector, è lungo 1,4 metri e pesa circa 40 kg, mentre il delfinide più grande - l'orca - può misurare fino a 9,8 metri, per un peso di 6 tonnellate.

I loro colori comprendono diverse gradazioni del grigio, che in alcuni casi sono abbinati a ventre bianco, linee o macchie di tonalità differenti.

Quali sono le caratteristiche psicologiche dei delfini? I delfini sono animali sociali e vivono in gruppi di varia dimensione. Possiedono una grande facilità di apprendimento e di problem solving, necessitano di ampi spazi, habitat complessi e interazione costante con altri cetacei e animali del mondo marino per ricevere stimoli adeguati ed essere soddisfatti in ogni loro necessità.



Intelligenza e abitudini 

Fin dall’Antichità, i delfini sono noti per essere estremamente intelligenti. E' stato infatti dimostrato che, con il loro sistema di comunicazione complesso composto di fischi e schiocchi modulati su differenti tonalità, riescono a inviare fino a 50 segnali al minuto e possiedono un'intelligenza sociale fuori dal comune. 

Vivono infatti in gruppi che, a seconda delle specie, possono comprendere fino a 100 esemplari. Soliti a spostarsi secondo schemi di movimento che costituiscono - anch'essi - segnali comunicativi, per orientarsi sfruttano il sensibile biosonar di cui sono dotati. 

Perché i delfini sono così intelligenti? I delfini possiedono un alto tasso di encefalizzazione, nonché una neocorteccia molto complessa e sviluppata. Si tratta di una parte del cervello che, per gli umani, è sede delle capacità cognitive superiori: dalla coscienza, all'intelligenza sociale al problem solving.  

Come respirano i delfini? I delfini devono emergere per respirare, dopo aver esaurito la scorta d'aria accumulata nei polmoni, che permette loro di restare sott'acqua per circa cinque minuti. 

Di cosa si nutrono i delfini? I delfini si nutrono essenzialmente di pesci e crostacei, ma anche di calamari e polpi. Si procurano il cibo in acqua, ma riescono a predare persino sulla terraferma, coordinandosi in branco per attaccare pesci trascinati a riva dalle onde.

Dove e come dormono i delfini? I delfini dormono galleggiando in superficie. Una metà del loro cervello, tuttavia, rimane attiva per vigilare.

Perché i delfini saltano fuori dall'acqua? I delfini saltano fuori dall'acqua innanzitutto per respirare, ma non solo. Le ragioni sono in effetti innumerevoli: per gioco, per manifestare la loro dominanza, per corteggiare la femmina, per reagire a una situazione di stress. La visione dall'alto e fuori dall'acqua, inoltre, permette di ricercare meglio le prede, preparando l'attacco.



Delfino animale da proteggere


Alcune specie di delfino, particolarmente sociali, interagiscono di buon grado con l'uomo, nonostante questo rappresenti una delle maggiori minacce per la loro sopravvivenza.

Svariate attività antropiche, infatti, fanno sì che i delfini siano diventati animali a rischio, da tutelare e proteggere:

  • pesca accidentale: molte specie di delfino restano impigliate accidentalmente nelle reti da pesca, non destinate a loro ma non per questo meno letali, in quanto impediscono ai cetacei di risalire in superficie per respirare.
  • inquinamento acustico: i delfini utilizzano l'udito per orientarsi. Il rumore marino e sottomarino, generato dai motori delle navi o dalle trivellazioni può confonderli - provocando spesso il loro spiaggiamento - o persino arrecare seri danni alla loro struttura cerebrale.
  • inquinamento delle acque: le sostanze tossiche rilasciate in mare dagli impianti portuali o dai complessi industriali vicini alle coste riducono il tasso di sopravvivenza dei delfini, così come i rifiuti plastici- sempre più presenti negli ecosistemi marini- che vengono ingeriti dagli ignari cetacei, provocandone la morte.
  • collisioni con le barche: alcuni esemplari muoiono, affettati dalle eliche delle imbarcazioni.
  • surriscaldamento dei mari: la crisi climatica innalza le temperature marine, provocando gravi squilibri negli ecosistemi e carenze di cibo.


Come i delfini, altre specie di cetacei necessitano di protezione: una novantina di specie, sottospecie e popolazioni comprendenti balene, focene e gli stessi “acrobati del mare” risultano, infatti a rischio di estinzione. In questo quadro, appaiono anacronistiche e inutilmente crudeli pratiche tradizionali, come il Grindadráp, durante il quale ogni anno centinaia di balene vengono uccise nelle isole Far Oer.


Dire no ai delfinari

In quanto animali sociali usi a vivere in branco, i delfini necessitano di ampi spazi, stimoli e libertà di movimento.

Per tutte queste ragioni, relegarli in spazi ristretti come delfinari o acquari è una pratica profondamente insensibile, che non tiene conto delle specifiche caratteristiche ed esigenze di questi cetacei, catturati negli oceani - con conseguenze spesso drammatiche sia per gli esemplari prelevati che per il gruppo originario - in favore dell'intrattenimento umano. 

Alcuni studi scientifici dimostrano che i delfini in cattività si ammalano di più, diventano aggressivi, hanno problemi digestivi, di immunodepressione, oltre a soffrire di forme di depressione anche gravi. “Le condizioni di vita totalmente artificiali, l’alimentazione diversa da quella naturale, la mancanza di riposo, l’esposizione al pubblico e al rumore, le piccole dimensioni delle piscine, la coabitazione con gruppi sociali artificialmente assemblati, sono solo alcuni dei fattori di prigionia che possono influenzare il benessere fisico e psicologico degli animali” denuncia la Lega anti vivisezione (Lav).

 

Negli ultimi anni, inoltre, non sono mancati casi dimostrati di delfini maltrattati e narcotizzati per favorirne la collaborazione. Emblematico è il caso dell'ex Delfinario di Rimini, contro le cui pratiche disumane la stessa Lav si è schierata, contribuendo alla definitiva condanna della struttura per maltrattamento di animali.

Avvistamenti in mare aperto con piccole crociere o la partecipazione a team di ricerca sui cetacei sono attività che, al contrario, permettono di osservare i delfini senza forzature nel loro habitat naturale.

Esistono alcuni luoghi privilegiati in Italia in cui è possibile avvistare delfini - e non solo - in libertà. Uno di questi è il Santuario Pelagos, un santuario dedicato ai cetacei ubicato all'interno di un'area marina protetta che copre circa 100 mila chilometri quadrati, dalla costa di Tolosa fino alle acque italiane tra Sardegna, Liguria e Toscana.



La delfinoterapia

La dolphin therapy o delfinoterapia è una branca della pet therapy.

Conosciuta anche come DAT (Dolphin Assisted Therapy = Terapia Assistita con i Delfini), si basa su un approccio terapeutico che si avvale dell’ausilio dei delfini nell'interazione con persone con disabilità fisiche o psichiche. 

La delfinoterapia ha dato riscontri positivi, in particolare, in casi di persone affette da autismosindrome di Down, nonché di bambini con problemi di concentrazione o apprendimento. La delfinoterapia è, inoltre, utile nei casi di riabilitazione motoria

Realizzata in centri specializzati o zone abilitate all'interno di parchi acquatici, la terapia assistita con i delfini vede la partecipazione di team medici e psicologi specificamente formati, che collaborano con i cetacei allo scopo di facilitare il miglioramento o il recupero fisico-psichico del paziente.

 

Fonti: