Intervista

Stop global warming

Stop global warming è molto più di una "semplice" petizione: è un'Iniziativa dei cittadini europei (Ice) che chiede di introdurre una carbon tax, a beneficio dell'ambiente e dei cittadini.

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©Davide Bozzalla

Le argomentazioni a favore di una carbon tax

I premi Nobel Amartya Sen, Richard Thaler, Daniel Kahneman e Robert Shiller, gli ex-presidenti della Federal Reserve Alan Greenspan e Ben Bernanke; sono soltanto alcuni degli esperti che si sono pubblicamente schierati a favore di una carbon tax negli Stati Uniti.

 

Per ridurre davvero le emissioni di gas serra climalteranti, sostengono, il metodo migliore è proprio quello di tassarle. Portando alla luce i costi nascosti legati al riscaldamento globale, gli attori del mercato sarebbero spinti a investire nella riduzione del loro impatto sul clima. A beneficio del Pianeta e di tutti noi.

 

La loro idea è quella di partire con un’aliquota più bassa da aumentare progressivamente, incentivando così gli investimenti per l’innovazione tecnologica e le infrastrutture necessarie. 

 

La campagna Stop global warming

Su queste argomentazioni fa leva la campagna Stop global warming che chiede anche in Europa l’introduzione di un prezzo minimo per le emissioni di CO2, partendo da 50 euro per tonnellata nel 2020 fino ad arrivare a 100 euro per tonnellata entro il 2025.

 

Ma non solo. “Al contempo, la proposta punta ad abolire l'attuale sistema di quote di emissione gratuite per coloro che inquinano nell'UE e introdurre un meccanismo di adeguamento alla frontiera” per evitare che le aziende europee si ritrovino svantaggiate rispetto a quelle degli Stati esteri in cui vigono regolamentazioni ambientali meno stringenti.

 

Gli introiti della tassa andrebbero dirottati verso le politiche europee che sostengono il risparmio energetico e l'uso di fonti rinnovabili e, parallelamente, investiti per ridurre l’imposizione fiscale sui redditi più bassi.

 

L’Iniziativa dei cittadini europei

Questa proposta è stata messa nero su bianco in un’Iniziativa dei cittadini europei (Ice), un vero e proprio strumento di democrazia partecipativa che non va confuso con una “semplice” petizione. Se un’Ice raccoglie almeno un milione di firme di cittadini europei maggiorenni, infatti, il suo testo viene presentato alla Commissione europea e poi discusso al Parlamento europeo.

 

I promotori sono il leader radicale Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni e presidente del movimento paneuropeo Eumans; l’ex-parlamentare europea Monica Frassoni, fondatrice della European Alliance to save Energy; e il professore universitario Alberto Majocchi.

 

Finora la raccolta è andata un po’ a rilento perché le restrizioni dovute alla pandemia da coronavirus hanno bloccato le classiche iniziative di raccolta firme in piazza. Ma intanto è stato superato il primo scoglio delle 50mila adesioni, incassando anche il supporto di esperti come il climatologo Luca Mercalli e di celebrità come la cantante Elisa, il rapper Fedez, l’attrice Kasia Smutniak.

 

Anche l’Acquario di Genova si è unito all’appello, con i messaggi collocati all’interno delle vasche degli squali, dei pinguini e dei coralli e la promessa di farsi portavoce della causa quando sarà di nuovo possibile accogliere i visitatori di persona.

 

Un sostegno che “rientra appieno nella mission di educazione ambientale che da sempre guida la struttura – dichiara Simona Bondanza, Sustainability Manager di Acquario di Genova-Costa Edutainment – e ci offre l’occasione per sensibilizzare il pubblico una volta ancora su temi che ci stanno particolarmente a cuore: la conservazione della biodiversità, marina e non solo, minacciata da inquinamento e cambiamenti climatici”.

 

Proprio in considerazione del contesto eccezionale che ha caratterizzato l’ultimo anno, la Commissione europea ha prorogato la scadenza dell’Ice: c’è tempo fino al 22 luglio per partecipare.

 

La rete di sindaci Clima Comune

I cambiamenti climatici sono un tema di rilevanza globale, ma a trovarsi in prima linea di fronte alle loro conseguenze – alluvioni, uragani, ondate di caldo, di siccità e altro ancora – saranno i territori, le città. Non stupisce, quindi, che le amministrazioni locali si siano spesso dimostrate particolarmente proattive sul tema.

 

Sono più di sessanta i sindaci che hanno aderito a Stop global warming dando vita a una vera e propria coalizione chiamata Clima Comune. Di questo gruppo fanno parte Virginia Raggi (Roma), Beppe Sala (Milano), Luigi De Magistris (Napoli), Giorgio Gori (Bergamo), Leoluca Orlando (Palermo), Dario Nardella (Firenze), Antonio Decaro (Bari), Federico Pizzarotti (Parma), Matteo Ricci (Pesaro) e molti altri.

 

Cosa comporta, concretamente, il loro supporto? Attraverso una mozione locale, si sono impegnati a informare i cittadini sulla possibilità di firmare l’Iniziativa dei cittadini europei, mettendo a disposizione anche il sito e gli spazi istituzionali del Comune. 

 

La nostra intervista a Virginia Fiume

Per saperne di più abbiamo fatto qualche domanda a Virginia Fiume, coordinatrice di Eumans, spazio di iniziativa politica popolare paneuropea, e di StopglobalWarming.eu. Quando l'abbiamo contattata, la campagna si attestava su circa 55mila firme a circa due mesi dalla scadenza. 

 

L'Iniziativa dei cittadini europei al momento conta circa 51mila firme. Qual è il suo iter? Siete soddisfatti dei riscontri ottenuti finora?

Dobbiamo distinguere l’iter istituzionale e l’iter politico. 

 

L’Iniziativa dei Cittadini Europei è un preziosissimo strumento di partecipazione che permette a comitati di cittadini e organizzazioni di fare proposte specifiche. Il processo “standard” prevede 12 mesi di tempo dalla registrazione per raccogliere un milione di firme, raggiungendo in almeno 7 Stati una certa soglia. A quel punto, Commissione e Parlamento hanno l’obbligo di rispondere nel merito della proposta e dichiarare quali azioni intendano mettere in campo nel merito. 

 

Sulla carta sembra facile, nella storia dello strumento solo 6 iniziative su 76 hanno raggiunto il milione di firme. Le cause sono molteplici: una scarsa conoscenza dello strumento dai parte dei cittadini, una disattenzione della maggior parte dei media, una differenza molto forte tra le grandi organizzazioni che dispongono di grandi database di contatti. 

 

Le nostre 55.000 firme ad oggi (contando quelle cartacee) sono un ottimo risultato se si tiene conto che la maggior parte dei cittadini e delle cittadine non sono a conoscenza di questo diritto.

 

Proprio per questo abbiamo scritto alle istituzioni europee per chiedere misure straordinarie di informazione, sul modello svizzero. E proprio per questo è essenziale la grande rete di sostegno che si è creata intorno all’iniziativa, con artisti, intellettuali, organizzazioni, aziende, ex Commissari europei (Bulc, Bonino, Andioukaitis), due ex presidenti dell’assemblea Onu (Kerim e Lyyketoft) e oltre 100 sindaci, oltre che parlamentari nazionali ed europei. 

 

E sono supporti fondamentali per l’iter politico. Il tema del carbon èricing, dell’espansione dell’Emission Trading Scheme, sono già sul tavolo delle istituzioni europee, e siamo certi che la nostra azione stia contribuendo a accelerare alcune decisioni in questa direzione

 

L’invito a tutti è dunque di firmare l’iniziativa e diventare influencer per un giorno, condividendola sui social. 

 

Qual è il valore aggiunto di un sistema di tassazione delle emissioni?

Il primo effetto positivo è che la nostra proposta prevede di associare i ricavi generati dal carbon pricing a un abbassamento delle tasse sul lavoro per le categorie più fragili. Una politica concreta di taglio alle emissioni si baserebbe quindi su un effettiva transizione della fiscalità dal lavoro all’ambiente, combinando economia, ecologia e giustizia sociale. 

 

Il secondo effetto positivo - soprattutto attraverso l’estensione dell’Ets - significherebbe generare risorse proprie per l’Unione Europea, risorse utili a creare investimenti per una transizione ecologica a partire dalle risorse rinnovabili e l’economia circolare, resa ancora più urgente dai nuovi obiettivi sul taglio delle emissioni. 

 

Il terzo effetto, il più semplice e per certi aspetti rivoluzionario, è che si userebbe una soluzione di mercato per incentivare scelte più sostenibili ecologicamente. 

 

La Commissione europea ha messo il Green Deal al centro del suo mandato e ha previsto che il 37% dei fondi di Next Generation Eu siano investiti nella lotta ai cambiamenti climatici. Su quali punti secondo voi le politiche europee sono ancora troppo timide?

L’impegno previsto e dichiarato della Commissione Europea per fronteggiare il cambiamento climatico rappresenta un primo, importante passo verso la transizione sostenibile della nostra economia. Tuttavia, la struttura del quadro politico risulta ancora insufficiente a garantire un cambiamento reale nel nostro sistema produttivo.

 

Un esempio è rappresentato dalla Cap, la Politica Agricola Comunitaria, che da sola rappresenta circa il 34% del budget dell’Unione Europea e che regola uno dei settori principali della nostra economia, a cui lo sviluppo sostenibile è legato a stretto giro. La sua riforma sembra non essere in grado di garantire uno sviluppo sostenibile del settore agricolo.

 

Più in generale, un punto di debolezza primario possiamo identificarlo nella difficoltà registrata finora, da parte dell’Unione Europea, di far valere quanto presente nelle direttive europee. Le direttive, in quanto tali, pongono obiettivi e linee che i paesi membri sono chiamati a recepire nel proprio sistema legislativo. Purtroppo i paesi membri spesso propongono soluzioni applicative con obiettivi inferiori o metodologie applicative non in linea con quanto richiesto, registrando quindi una “infrazione” che spesso richiede almeno un anno di tempo per essere risolta, ritardando l’applicazione della direttiva.

 

Nel 2020 la Commissione Europea ha aperto 785 procedure di infrazione, di queste, 451 riguardano temi ambientali. Questo è un ostacolo da superare se vogliamo che gli obiettivi ambiziosi delle politiche ambientali vengano davvero realizzati in tempi brevi.