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Curvy yoga: le "curve" sono davvero il problema?

Anche nello yoga nascono delle mode sull'onda emotiva di battaglie più o meno condivisibili che investono le fragilità più umane. Come le formose curve, che molte donne considerano un punto debole.
Il curvy yoga è una di queste mode. Vediamo di coglierne luci e ombre

Curvy yoga: le "curve" sono davvero il problema?

Negli ultimi anni si sono moltiplicate, fortunatamente, le campagne a favore di una bellezza più naturale e alla portata di tutte; milioni di ragazze si battono per distruggere i diktat imposti dalla moda che vogliono le donne tutte uguali, tutte rispondenti allo stesso rigidissimo canone estetico.

Sulla scia di questa encomiabile ribellione si situa un trend tutto nuovo nello yoga. Abbiamo più volte parlato dei tanti stili nati da questa disciplina, ma in questo articolo esploriamo un universo ancora poco noto: il cosidetto curvy yoga, dove “curvy” intende rivolto alle persone più in carne.

 

Nascita e filosofia del curvy yoga

Il curvy yoga nasce dall’assunto che lo yoga sia una disciplina riservata alle persone longilinee, magre e “belle” probabilmente perché le riviste e i siti pullulano di modelle sul tappetino.

Così, sempre più donne, capitanate simbolicamente da Anne Guest Celly fondatrice dell’organizzazione Curvy yoga, hanno iniziato a tamburellare sui social network foto di se stesse o di ragazze curvy mentre praticano gli asana per dimostrare che tutti possono fare yoga, non importa quale sia la taglia che indossano.

Sono state anche organizzate delle classi dedicate ai curvy yogi tenute da insegnanti diplomati in “curvy yoga”, i quali sarebbero particolarmente preparati riguardo le esigenze di questa tipologia di allievi. Sul canale youtube dell’organizzazione sono infatti presenti dei video dove Anne spiega come modificare gli asana in armonia con quella conformazione fisica.

Inoltre, sebbene queste lezioni siano nominalmente aperte a tutti, in realtà sono nettamente orientate verso allievi curvy ai quali si assicura un ambiente non competitivo, rispettoso e sereno.

Un sito ben fatto e accattivante, un corso di insegnanti yoga, uno shop online completano l’offerta di Anne per i suoi allievi.

 

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Curvy yoga: un brand su cui riflettere

Questo movimento yogico apparentemente positivo e innocuo in realtà nasconde, a mio parere, delle fragilità strutturali, sia da un punto di vista “tecnico” che “filosofico”.

Attenendoci all’ambito yogico, sono due le riflessioni che affiorano.

  1. È piuttosto qualunquista l’assunto che una persona curvy sia anche una persona poco sciolta o comunque particolarmente esigente: forse mancherà di pienissima agilità (soprattutto nelle pratiche più dinamiche), ma non è affatto detto che abbia maggiori necessità di un allievo longilineo; conseguentemente, non è detto che quest’ultimo sia senza dubbio sciolto o non necessitante di attenzioni specifiche solo perché slim. La mole fisica è solo uno dei tanti elementi che determinano le caratteristiche yogiche di un allievo e neanche il più importante (problemi cardiaci o vertebrali possono essere molto più determinanti), pertanto appare fuori fuoco l’assunto secondo cui i curvy yogi sarebbero in qualche modo “diversi” dagli altri yogi in relazione solamente al loro peso.
  2. Dato che il termine “curvy” è l’architrave di tutta questa organizzazione, sarebbe importante capire cosa si intende con questo termine: quando si è curvy? Le differenze con un allievo longilineo risiedono solo nella generosità di forme o sottendono anche specifici problemi connessi al maggiore peso corporeo (problemi cardiaci, articolari, etc)? Se è così, come possono queste classi essere contemporaneamente aperte a tutti? Oppure è solo una questione, per così dire, “sociale” ovvero si preferisce avere classi omogenee perché si limitano i possibili confronti tra gli allievi? Questo nodo di base andrebbe sciolto, dato che su di esso poggia la credibilità dell’intero concetto di “curvy yoga”.

Smettendo i panni dell’insegnante e indossando quelli della donna comune, emergono altre perplessità:

  • Non convince questa auto-ghettizzazione degli allievi curvy, che si autoproclamano ipso facto “diversi” dagli altri. Ogni insegnante sa che davanti a sé ha esseri umani complessi, ognuno con i suoi problemi fisici o personali: la bravura risiede anche nel saper proporre delle lezioni modulabili su ogni persona, in modo tale che tutti possano trarne beneficio psico-fisico. Perché le persone in carne dovrebbero auto-escludersi a tal punto da istituire un movimento riservato unicamente a loro? Non è una grande perdita amicale, spirituale e energetica la mancanza di persone diverse in classi eterogenee con cui condividere la pratica?
  • L’idea che lo yoga sia riservato agli snelli è davvero molto superficiale e ne sminuisce la grande profondità culturale che esso porta con sé. Il senso di competizione e di sottesa invidia che i curvy yogi potrebbero nascondere fa emergere uno spirito di competizione del tutto estraneo a questo universo. Se poi si ha avuto la sfortuna di essere incappati in classi di “fitness yoga” (e ce ne sono…) o comunque poco accoglienti è sufficiente avere la pazienza di trovare l’ambiente giusto, amichevole, gentile e soprattutto aperto a tutti.

 

L’importanza di rimanere focalizzati sulla pratica

La diversità, sia essa fisica o culturale, dovrebbe essere sempre considerata una ricchezza e uno strumento di crescita. L’esclusione, anche se scelta, è una strada pericolosa che fa uscire dall’abbraccio della comunità di riferimento (in questo caso, la comunità yogica nella sua interezza) in nome del “Noi siamo diversi”. Diversi da chi? Il peso sulla bilancia ci rende forse diversi gli uni dagli altri?

Sarebbe opportuno non alimentare queste correnti disgreganti perché, nel loro piccolo, riflettono dei rancori montanti che nello yoga non dovrebbero trovare il minimo spazio. Siamo tutti yogi sul tappetino, ognuno con i suoi limiti, i suoi problemi e le sue necessità. Il compito dell’insegnante è armonizzare queste diversità in una lezione che sia profonda e stimolante.

Non facciamoci distrarre dal resto, perché davvero non conta.

 

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Per approfondire:

> Yoga, origini e pratica