Pet therapy, descrizione e utilizzo

La pet therapy è un sistema terapeutico dolce incentrato sull'interazione tra uomo e animali. Scopriamo i benefici, le controindicazioni e i contesti in cui può essere adottata: scuole, ospedali, residenze per anziani.

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Pet therapy, cos’è

Per cominciare, vediamo in cosa consiste la pet therapy. Con il termine pet therapy, o AAT (Animal-Assisted Therapy), si intende un sistema terapeutico dolce incentrato sull’interazione tra uomo e animali.

 

L'idea di utilizzare alcuni animali per migliorare la qualità della convalescenza dei malati o più semplicemente la realtà quotidiana di persone disabili nasce dall’osservazione degli effetti derivanti dall'interazione tra persone malate e la presenza di un animale. In molti casi, la vicinanza di un cane o di un gatto dimostra di avere un effetto aggiuntivo a quello di molti farmaci o altre terapie convenzionali.
La pet therapy viene inoltre utilizzata come un gioco, per la socializzazione, per favorire la comunicazione e lo sviluppo e/o potenziamento di sfere quali responsabilità e autostima.

 

Pet therapy, origini

Egizi e greci credevano nel potere terapeutico degli animali sulle persone malate. Tracce di terapie con animali si hanno intorno alla fine del 1700 in Inghilterra. Nei primi anni Quaranta del secolo scorso, in America, sembra che la Croce Rossa avesse avviato un programma di pet therapy.

 

A coniare il termine pet therapy fu lo psichiatra infantile Boris Levinson che, nel 1953, durante una seduta con un bambino autistico, notò che la presenza del suo cane migliorava nel bambino la voglia di interagire con il terapeuta, ma anche la voglia giocare con l'animale.

 

Levinson dimostrò che l'affetto di un animale produceva un aumento dell'autostima e andava ad agire positivamente sul bisogno di amore dei suoi pazienti. Oggi, la pet therapy viene praticata con diverse specie animali, soprattutto cani, gatti, cavalli, e delfini. 

 

Gli animali

Non tutti gli animali possono essere coinvolti nella pet therapy, ma soltanto quelli domestici. Le specie selvatiche, al contrario, vanno lasciate libere nel proprio habitat: per loro il contatto con l’essere umano sarebbe forzato e controproducente. 

 

La graduatoria degli animali utilizzati nella pet therapy vede in cima il cane, miglior amico dell’uomo. Ma quali sono i cani più adatti alla pet therapy?

  • Se la pet therapy con i cani avviene in una scuola o in una struttura di degenza, le razze più adatte sono quelle socievoli anche con gli sconosciuti, come il labrador, il golden retriever, il terranova e il pastore tedesco.
  • Sempre il labrador e il golden retriever sono pazienti e propensi ad assistere persone con problemi motori, alla pari del pastore tedesco.
  • Anche malati terminali o disabili troveranno un ottimo supporto nelle tre specie appena menzionate, oltre che nel bobtail, nel pastore scozzese e nel bovaro del bernese.
  • Ma è possibile fare pet therapy con ottimi risultati anche con i meticci.

 

Il cane è un animale particolarmente propenso, ma non è l’unico. Esiste anche la gattoterapia, cioè la pet therapy con i gatti, che sfrutta i benefici di prendersi cura di un felino o anche solo di accarezzarlo e coccolarlo. A seguire avremo piccoli animali come criceti e conigli, la pet therapy coi cavalli, uccelli (in particolare pappagalli), pesci da acquario e delfini. A chiudere la classifica, una serie di animali da fattoria come asini, capre e mucche.

 

Quando si fa la pet therapy, un veterinario con competenze specifiche deve confermare che l’animale possegga i necessari requisiti sanitari, comportamentali e attitudinali.

 

Benefici e controindicazioni della pet therapy

Quando un uomo deve relazionarsi con un altro uomo introduce inevitabilmente nella relazione il suo punto di vista. In casi che coinvolgono bambini affetti da disabilità, ad esempio, ci si comporta in maniera fredda o al contrario con eccessivo zelo compassionevole. La differenza tra l’uomo e l’animale sta nel pregiudizio. L’animale si relaziona con un essere umano in maniera semplice.

 

Il paziente interagisce dunque con un essere vivente, considerandolo uguale a sé, senza giudizi, riuscendo a relazionarsi in modo sano. Questo consente di rivalutare i propri schemi di socializzazione.

 

Tra i benefici della pet therapy vi è anche la diminuzione dello stato di stress, l’effetto positivo sugli stati di ansia, la migliore circolazione sanguigna e l’abbassamento del livello di colesterolo. Per quanto riguarda l’uomo non sembrano esserci controindicazioni. Purtroppo, ve ne sono per gli animali. Spesso, dopo qualche anno, quando gli animali non sono più cuccioli o disponibili ad essere maneggiati da molte persone, vengono abbandonati. 

 

Per chi è utile la pet therapy

Chi può fare la pet therapy? La pet therapy consegue dei buoni risultati con le persone anziane, i malati cronici e i disabili. Alcuni studi hanno dimostrato risultati soddisfacenti nel trattamento della schizofrenia.
Questa tecnica terapeutica si dimostra utile nel far uscire i bambini autistici o depressi dal loro isolamento psicologico. Anche in casi di lunghi ricoveri o uscita dal coma, la pet therapy aiuta a combattere depressione, stress, ansia e insonnia.

 

Come terapia dolce da affiancare alle terapie tradizionali, la pet therapy è diretta a pazienti colpiti da disturbo dell’apprendimento, dell’attenzione, disturbi psicomotori, nevrosi ansiose e depressive, sindrome di Down, sindrome di West, autismo, demenze senili, patologie psicotiche e sclerosi multipla.

 

Utilizzo della pet therapy in ospedale

Gli obiettivi concreti della pet therapy in ospedale ovviamente non sono curativi in senso stretto. I pazienti continuano a seguire le loro terapie mediche, farmacologiche e psichiatriche; gli animali li aiutano ad accettarle con più serenità, fornendo un diversivo e alleviando lo stress legato alla degenza.

 

Di norma, i pazienti che seguono sedute di pet therapy sono più collaborativi ed entrano più facilmente in relazione tra di loro o con i medici, facilitando quindi il lavoro del personale sanitario. Il contatto fisico con gli animali da compagnia può anche aiutarli a recuperare più velocemente la manualità e le forze fisiche.

 

La pet therapy per i bambini

Tra gli obiettivi concreti della pet therapy a scuola ci sono: 

  • l’aumento della fiducia in sé stessi;
  • una migliore elaborazione del linguaggio verbale e non verbale;
  • la possibilità di avere una valvola di sfogo emotivo;
  • il perfezionamento della motricità;
  • il consolidamento del gruppo classe.

 

Iniziative di questo tipo sono molto indicate per bambini e ragazzi con difficoltà di apprendimento, con disabilità motoria o psichica oppure provenienti da situazioni di vulnerabilità sociale. Bisogna però ricordare che tutti i bambini e adolescenti, durante il periodo della pandemia, sono stati messi a dura prova dall’ isolamento forzato e innaturale a cui sono stati costretti.

 

La pet therapy per gli anziani

La compagnia di un animale può migliorare in modo sensibile le condizioni di vita degli anziani, aiutandoli a non soffrire la solitudine, a trovare motivazione nella vita quotidiana, a mantenere ritmi regolari, a conservare l’autonomia.

 

Esistono diversi studi che dimostrano i benefici della pet therapy per la depressione. Un animale infatti richiede cura, affetto e attenzione, va nutrito e accompagnato in brevi passeggiate: tutte responsabilità che significano molto per una persona che, in considerazione della propria età avanzata, non può più riempire le giornate occupandosi del lavoro o dei figli. 

 

Spesso si impiega la pet therapy anche per l’Alzheimer e altre forme di demenza senile: diverse strutture residenziali hanno infatti adottato cani e gatti per gli ospiti.

 

La legge in Italia e all’estero

Un’esperienza di pet therapy è la risultante di un team di diversi professionisti: medico, psicologo, veterinario, etologo, istruttore e terapista. Nel corso del tempo, anche in Italia l'interesse per le attività di pet therapy è cresciuto ed è aumentata la richiesta sul territorio.
Associazioni, centri di riabilitazione, scuole, case di riposo sono interessate a nuove terapie di supporto, a nuove modalità ricreative da inserire nei propri programmi per aumentare il livello qualitativo della vita all'interno delle proprie strutture.

 

Il riconoscimento della pet therapy è avvenuto con il decreto del Presidente del Consiglio del 28 febbraio 2003, che recepisce l’accordo tra il ministero della Salute, le Regioni e le Province Autonome, in materia di benessere degli animali di compagnia e pet therapy. Nel 2009 il ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali ha istituito il Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti con gli animali di pet therapy (Crn) che ha sede presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Nel 2015 sono state approvate le Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (Iaa).

 

L’attenzione prestata a livello legislativo alla pet therapy consente alla disciplina una dignità scientifica e procedurale anche in Italia. Il tentativo di regolamentare a livello nazionale i programmi delle AAT svincola tali contributi dalle forme del “fai da te”.

 

Pet therapy in Italia

Come ricordato, la pet therapy in Italia è stata regolamentata a livello ministeriale, al fine di garantire che gli interventi seguano una metodologia standard verificata. L’Accordo e le Linee Guida in materia di interventi assistiti con gli animali suddividono la cosiddetta pet therapy in tre categorie:

  • le Terapie Assistite con gli Animali (TAA), finalizzate alla cura di disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale;
  • l’Educazione Assistita con Animali (EAA), finalizzata a promuovere, attivare e sostenere le risorse e le potenzialità di crescita, relazione e inserimento sociale delle persone;
  • le Attività Assistite con gli Animali (AAA), finalizzate al miglioramento della qualità della vita e alla promozione del benessere.

 

Per saperne di più, si può visitare lo spazio web dedicato del ministero della Salute. Anche l’Istituto superiore di sanità (Iss) conduce ricerche per la validazione di modelli innovativi di presa in carico e riabilitazione di persone con disabilità mentale con l'ausilio degli animali.

 

Tra le organizzazioni senza scopo di lucro che si occupano di pet therapy in Italia c’è For a smile onlus. Dopo la campagna “Basta una zampa” che ha portato negli ospedali progetti ad hoc per i piccoli pazienti, nel 2022 ha preso il via anche il primo progetto nazionale di dog therapy nelle scuole d’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Si parte dalla Lombardia, Piemonte e Sardegna, ma l’intento è quello di allargare la sperimentazione su scala nazionale. 

 

Corsi di pet therapy

Per diventare pet therapist non ci si può improvvisare, ma bisogna seguire appositi corsi erogati da università o enti di formazione. È bene verificare che tali enti siano stati accreditati dalle Regioni di pertinenza e che i programmi formativi siano stati aggiornati sulla base delle Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (Iaa). Esiste anche un vademecum dei requisiti minimi dei corsi di formazione.

 

Per essere precisi, la stessa definizione di “pet therapist” è piuttosto vaga perché esistono quattro diverse figure professionali, con competenze e responsabilità diverse, tenute quindi a frequentare un percorso formativo specifico:

  • responsabile di progetto di TAA/EAA (Terapia assistita con gli animali/ Educazione assistita con gli animali);
  • referente di intervento di TAA/EAA;
  • coadiutore dell’animale negli IAA (Interventi assistiti con gli animali);
  • medico veterinario esperto in IAA.