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Le paure in corpo, i limiti nella mente

Ti ascolti quando sei in movimento? Sai fare della quiete dinamismo? E la rigidità riesci a renderla duttile? Pillole di vissuto psicofisico per assaggiare meglio il movimento inteso come vita

Le paure in corpo, i limiti nella mente

Non dobbiamo stancarci di parlare della paura che può albergare nel corpo e dei limiti che scatursicono da processi mentali apparentemente "salvifichi" o "confortanti". A volte l'abitudine è rincorrere l'insuccesso, per quanto ridicolo possa sembrare questo modo di procedere. E' come sentire di stare ingrassando e non poter fare a meno di scofanarsi quella ventina di biscotti prima di andare a dormire. A volte siamo noi che preferiamo andare lì dove non vorremmo, quasi dovessimo punirci per qualcosa. O succede che la mente ruoti senza posa attorno a qualcosa, con la conseguenza che sia essa stessa a porsi dei limiti.

Avere a che fare col mondo, stare al mondo, è anche fare i conti con i confini della convenienza, le categorie della compagine sociale. E queste componenti possono essere quelle in forza delle quali cambiamo la nostra natura, la adattiamo, fino a sopprimere l'intuizione.

Ma si può rovesciare il tutto, svincolarsi dal senso di colpa, evitare di auto-frenarsi. Vale per il movimento, l'allenamento del corpo che è anche quello della mente, vale per i ruoli, vale per il rapporto con il nostro fisico e quello degli altri.   

 

I limiti della mente e la paura 

Il ciclo dei cambiamenti è inarrestabile. Se ci fanno paura? Prendiamone consapevolezza.

Faccio un esempio: un infortunio. Dopo un infortunio durante l'allenamento o in una qualsiasi gara, dimostrazione o prestazione sportiva amatoriale o agonistica che sia, è facile arrivi la valanga di domande: come mi curerò? Basterà la fisioterapia? Il mio corpo si modificherà durante la convalescenza? inizierò ad avere paura delle calorie? Che dieta sarà meglio adottare?

Quando a me è capitato di farmi male, c'era questa specie di mantra che insisteva in testa: facing fear, facing fear, facing fear. Mi veniva in inglese, buffo. Fissa nel corpo e paralizzata da tantissime domande. O, in altri casi dell'esistenza, casi anche recenti, immobilizzata nel corpo dalla paura e quindi piano piano compromesso anche il movimento più semplice. 

Mi viene in mente una frase di Alan Watts, filosofo di notevole calibro: "L'altra faccia di ogni timore è la libertà."

Se vi date alla paura, vi identificate con la paura. Se vi date dei limiti, accadrà lo stesso.

 

La realtà originale del corpo di ciascuno

Non pensate che il vostro corpo si comporti come altri corpi.

Le paure che nutrite sono le vostre, il modo in cui le affrontate sarà diverso da quello di altri.

Lo ribadisco perché troppo spesso mi è capitato di imbattermi in gruppi, scuole o contesti aggreganti in cui la condizione di consolazione viene data come una soluzione infallibile, ma non può che essere un placebo dagli effetti destinati al breve periodo. Non fidatevi di blandi: "Fai come ho fatto io."
Se qualcuno mostrerà l'autentica predisposizione all'aiuto nei vostri confronti in un momento di difficoltà psicofisica, lo farà con silenzio, pazienza, attraverso azioni e gesti spesso comprensibili solo a posteriori.

La luce ci lascia prima, in questi pomeriggi più freddi, è lì per ricordarci di fare tesoro delle ore diurne e, quando il pomeriggio cala, sentirci pronti a fronteggiare il buio, accettare i consigli amichevoli di certe paure, indagare l'origine di certe sensazioni.