Intervista

Cellulari. Prendiamo la dovuta distanza

Ci è piaciuto il titolo del libro, subito. Ci è piaciuto il webdocumentario, realizzato dall'autore stesso, Riccardo Staglianò, un video fatto di frasi chiare in evidenza e un'evocativa melodia alla Telephone di Lady Gaga. "Toglietevelo dalla testa" ci spiega quanto sono pericolose le radiazioni dei cellulari e come fare per non finire col cervello cotto, fritto e rifritto

Cellulari. Prendiamo la dovuta distanza

Cos'è un glioma, quanto è pericoloso lo strumento principe della comunicazione vocale, quello che mettiamo sempre vicino all'orecchio e qualche volta persino sotto al cuscino, dopo il messaggio della buonanotte. A Riccardo Staglianò, autore di Toglietevelo dalla testa, abbiamo fatto qualche domanda in proposito con il fine di capire meglio come adottare un uso sicuro dei cellulari.

E siamo arrivati a scoprire che, in cado di radiazioni dei cellulari, come in altre situazioni dell'esistenza, la distanza può essere nostra valida complice...

 

Come le è venuta l'idea di questo libro?

Leggendo le istruzioni del mio smartphone. c'era scritto di tenerlo a 1,5 centrimetri dal corpo. un'assurdità: nessuno lo fa, né lo sa. Ma altri modelli dicono di peggio: 2,5 centimetri. nessuna azienda si sogna di consigliare di utilizzare con moderazione il proprio prodotto a meno che non abbia la pistola puntata alla testa.

E allora ho cominciato a capire quale potesse essere un motivo così grave. Da lì è iniziata l'inchiesta che mi ha portato a fare un lungo viaggio, per metà svolto negli Stati Uniti, un quarto in Scandinavia e un quarto in Italia.

 

Volendo usare una proporzione evocativa, si potrebbe dire che lo zucchero sta al diabete come i cellulari stanno al cancro al cervello?

La relazione è così immediata e consequenziale? No, se il rapporto di causalità fosse così netto e pacifico non ci sarebbe bisogno di un libro come il mio. La risposta definitiva a questa storia ancora non c'è. Però ci sono delle risposte parziali, per niente tranquillizzanti.

Ovvero che, come dicono gli studi dello svedese Lennart Hardell, dopo 10 anni di uso per mezz'ora al giorno il rischio di contrarre un glioma, un tumore maligno, raddoppia. Sono le stesse indicazioni che risultano anche dall'appendice 2 dell'Interphone, il più grande studio internazionale mai condotto. Che però è stato "venduto" alla stampa come se dicesse: "nessun problema". Non è così e le evidenze racolte sinora sono più che sufficienti per suggerire un principio di precauzione.

 

Il suo libro si apre con un decalogo per un uso sicuro del cellulare. Potrebbe indicare ai lettori di Cure l'azione che, su tutte, davvero andrebbe evitata in quanto oltremodo nociva?

Il principio generale è molto semplice: la distanza è vostra amica. Più lontano lo tenete dalla testa, meglio è. per farlo potete usare l'auricolare (col filo), oppure il vivavoce, o ancora gli sms.

 

I manuali di istruzione dicono di tenere i cellulari da 1,5 a 2,5 centimetri dall’orecchio. Non lo sapevamo. Molti di noi si addormentano con il cellulare vicino alle tempie, magari dopo aver inviato un messaggio di buonanotte. Quanto può essere nociva questa abitudine?

Chi vuole dormire con un emittente di radiazioni vicino alla tempia? Io no. E neppure nessuno delle decine di scienziati di tutto il mondo che ho intervistato per poi scrivere il libro.

 

In rete è disponibile un webdocumentario da te realizzato che si apre con tanto di pacchetto di sigarette e cellulare accostati come in un quadretto letale. Una persona intervistata nel libro dice: “Nel caso del tabacco gli studi c’erano, le aziende li conoscevano e li occultavano con la complicità dei media. Oggi si lavora a monte. Le aziende non fanno gli studi così non c’è niente da occultare.” L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, braccio specializzato dell'Organizzazione mondiale della sanità nel maggio 2011 si è finalmente pronunciata includendo le radiazioni dei cellulari tra i "possibili cancerogeni". In Italia non se ne è saputo nulla, se non da qualche trafiletto di giornale e da un'inchiesta di Report del 27 novembre 2011. Perché?

Repubblica l'ha scritto, e non era un trafiletto. In ogni caso il motivo per cui i giornali e i media in generale non sono particolarmente entusiasti di scriverne ha probabilmente a che vedere con il fatto che 4 dei 10 principali inserzionisti pubblicitari italiani appartengono all'industria telefonica.

 

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Le ricerche per sancire la pericolosità di uno strumento vanno finanziate. Louis Slesin, direttore di Microwave News, ha scoperto come l'industria della telefonia mobile ha finanziato la ricerca sui cellulari gestita dall'OMS. L'ispiratore del progetto era il ricercatore australiano Michael Repacholi. In sintesi, la Motorola versava denaro su un conto corrente aperto presso il Royal Adelaide Hospital. Questa struttura effettuava poi donazioni all'OMS alla sede a Ginevra. Ci sono dati su casi di "riciclaggio" simili in Italia per quanto riguarda il rapporto tra telefonia e ricerca?

Non si può dire che fosse riciclaggio: si sapeva che i soldi facevano quella strana deviazione. A me Repacholi ha detto che avveniva per comodità amministrativa: lui veniva da quell'ospedale e aveva lasciato lì la gestione economica dei soldi che servivano per le sue ricerche. Continuo a pensare che sia un comportamento almeno sospetto. E che non tranquillizza rispetto all'indipendenza della scienza. Se l'azienda i cui prodotti devi controllare paga i controllori, allora c'è qualcosa che non va.

 

Henry Lai dell'Università di Seattle nel 1993 dimostrò che i ratti esposti per 2 ore alle onde del cellulare presentavano il DNA dai filamenti sfrangiati. Un effetto biologico che può essere all'origine del cancro. La ricerca fu osteggiata poi bloccata dalla Motorola, i risultati furono ridicolizzati. Lo stesso è successo a Jerry Phillips, cui fu chiesto di replicare lo studio di Lai. I dati di Phillips confermavano un danno al DNA - questa volta umano - esposto ai campi del cellulare. Abbiamo informazioni o dati su ricercatori italiani osteggiati in questo senso?

Sono due casi gravi di ostruzionismo della scienza indipendente. E ce ne sono vari altri. In Italia si lavora a monte, non finanziando gli studi. Ho chiesto ma non ho saputo di interventi successivi o in corso d'opera dell'industria per modificare favorevolmente l'esito di una ricerca.

 

Non crede che la riduzione dell'uso che si fa del cellulare potrebbe andare di pari passo con lo stimolo verso la ricerca di un nuovo senso del contatto umano, che si ponga quindi alla stregua di un clic di Facebook cui rinunciare in favore di un tè guardandosi occhi negli occhi o di una lettera scritta di proprio pugno?

Sono un grande appassionato di tecnologia, e lo dico per sgombrare il campo da ogni eventuale obiezione ad personam rispetto al libro che ho
scritto. Credo che la tecnologia ci permetta di fare cose bellissime e arricchisca la nostra vita. Sono però anche consapevole che gli eccessi possono risultare disastrosi.

Non ho mai creduto neppure per un momento che i friends di Facebook fossero veri amici. Hanno usurpato un termine molto impegnativo, svuotandolo del significato originario. Se però mi chiedete se rimpiango le lettere a mano rispetto alle e-mail rispondo di no. Non so più neanche scrivere a mano, ma le emozioni transitate in questi anni anni nelle mie e-mail non sono dammeno di quelle vergate da giovane con la penna stilografica.

 

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