Intervista

Drum circles: il tamburo che cura, l'evoluzione in homines ritmici

Cos'è un drum camp? Ve lo spieghiamo nell'intervista che pubblichiamo oggi su Cure-naturali.it, un'intervista che dovreste leggere immaginando un motivetto nella vostra testa. Un ritmo qualsiasi, da tenere con piede, manina, testolina, come volete. E se pensate che tra lombrichi, ritmo, terra, tamburo e terapia non ci sia una connessione, tenetevi pronti a leggere quanto ci spiega Lorenzo Rompato, percussionista e facilitatore drum circle.

Immaginate di svegliarvi, fare una bella colazione collettiva e poi... sensibilizzazione ritmica, orchestrazione generale. Pranzo con alimenti a km zerissimo (vengono dall'orto sinergico che potete esplorare appena girate l'angolo del casale) e dopo la digestione, drum circle e orchestrazione ritmica afrocubananica. Cenetta deliziosa, ché creare suono fa venir fame, e di nuovo drum circle sotto la luna. 

Non serve essere percussionisti di professione. "Ma posso partecipare anche io pure se nella vita, ad esempio, ho suonato solo campanelli?" gli chiedo scherzosamente. La risata di Lorenzo Rompati, creatore di Circles.it, percussionista e facilitatore drum circle, è eloquente e in quel "Certo che sì." di risposta, c'è tanto del senso di quella che è diventata la sua professione. 

 

Arthur Hull ha strutturato la figura del facilitatore. Ci descrivi meglio il ruolo di questa figura e il modo in cui è nata?  

Circa trent'anni fa negli USA, Arthur Hull, ispirato dagli insegnamenti di Babatunde Oladunji (grande musicista, ha portato la cultura afro in America, ha firmato diversi successi e, tra le altre cose, insegnato allo stesso Santana), ha strutturato la figura del facilitatore e codificato per primo la dinamica interattiva di un evento ritmico sociale. Babatunde ha fatto riscoprire agli afroamericani chi erano, ha portato un messaggio attraverso la musica, la musica è stato il viatico.

Arthur gli è stato alle costole, da studente aveva capito che c'era una specifica dinamica che avveniva regolarmente quando si suonava in gruppi che Babatunde sapeva gestire in modo magistrale, riusciva a far suonare insieme persone di diversa etnia, capacità, ha sviluppato una dinamica di interazione interpersonale attraverso la metafora musicale e creato un modo nuovo per usare la musica, servendosene come veicolo per portare gli individui del gruppo in un gruppo armonico capace di dialogare e celebrare anche.

Ha gettato le basi, il DNA genetico della costruzione di una comunità che sta in pace e lavora su comunicazione, cooperazione e celebrazione. Dove abbiamo questi tre elementi, lì c'è una comunità che sta in pace.

 

Può suonare in un cerchio anche chi non ho mai suonato in vita sua nessuno strumento?

Il ruolo del facilitatore è quello di far sì che chiunque possa accedervi; il suo radar emotivo-acustico gli consente di capire in anticipo con chi sta lavorando, non è un terapeuta, è un a figura che sa accogliere e creare, trovare chiavi di accesso. Il tamburo è uno strumento ritmico musicale di accessiblità immediata. Se c'è vita può esserci l'atto mobile, il gesto del percuotere. L'essere in vita ti fa essere in grado di suonare, di fatto. Se cammini, già crei un ritmo. Chiunque sia vivo è potenzialmente un essere ritmico, anche se a volte non lo sa.

 

O lo ha dimenticato? Lo abbiamo dimenticato? 

Da sapiens a sapiens sapiens a homo ritmicus, questa è la prospettiva che ne apre altre, l'evoluzione possibile.  

 

Cos'è l'Africa per te?

Il continente, la madre della vita, il posto dove tutto è stato generato, da dove veniamo, il luogo che attualmente custodisce i segreti più antichi non solo del genere umano ma del genere che vive.  

 

"Il ritmo loro ce l'hanno nel sangue, che vuoi farci, noi non saremo mai così." Da quando ballo danza afro sento spesso questa frase. Che ne pensi? Il caucasico è davvero così disgraziatamente lontano dal ritmo che è alla base della vita? 

Il sangue è lo stesso per tutti quanti; ciò che cambia, e anche in modo abbastanza manifesto, è il colore della pelle, ovvio. L'uomo dalla pelle bianca è molto più cervellotico e mentale di un uomo dalla pelle scura, che è molto più fisico. Ma io, bianco posso avere la stessa intenzione di un africano; non avrò la stessa energia forse, me ne accorgo io stesso quando suono insieme a loro, ma l'interazione che può crearsi è così interessante, quando l'intenzione è condivisa.  

 

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Il tamburo è terapeutico? 

La musica è terapeutica di per sé.  

Ti racconto solo questo: a villa Pamphilij a Roma mi capita di suonare spesso, in diverse stagioni. Molte volte mi è capitato che dalla terra circostante uscissero fuori lombrichi. In sintesi, le vibrazioni che io creavo eran per loro il segnale che stava piovendo e dunque venivano a mangiare. Il tamburo è la connessione con la terra, la comunicazione, il dialogo, l'azione, la reazione. Di fatto, metti in atto la cosa freudianamente migliore che possa succedere a chiunque, attraverso questo canale ci si riconnette a madre terra. Il tamburo è il mezzo più valido e potente per stabilire di nuovo certi legami che abbiamo energeticamente. 

Se solo vedessi i volti dei partecipanti a un drum circle, non hai idea di quanto possano cambiare le loro espressioni del volto. Certe volte vorrei loro stessi potessero guardarsi, vedere quel benessere naturale sul loro volto. Io da facilitatore vedo proprio delle trasformazioni grandi. Non solo l'attività cinetica del movimento ritmico fa lavorare zone del cervello che non usiamo, ma aiuta anche il sistema immunitario.

Lo statunitense Barry Bittman attraverso una ricerca sulla musica ricreazionale ha definito meglio l'effetto del drum circle. Il suo studio evidenzia valori differenti riferiti ai globuli bianchi dopo 40 minuti di suono. Non che il drum circle curi il cancro, ma è stato provato che è un ottimo coadiuvante perché agisce sul sistema genomico e cambia i valori riferiti a quanto il corpo secerne in situazioni di stress. 

 

Drum circle è un cerchio. Eppure il logo di Circles.it, che svolge Drum Circles facilitati in Italia e nel mondo, è una spirale. Ci spieghi? 

La spirale è il logo di Circles.it perché abbiamo l'aspirazione che il cerchio non finisca mai. Il tamburo dovrebbe poter essere disponibile come l'acqua potabile; è, di fatto, una risorsa.   

L'accademia che vorrei realizzare è quella di una didattica che si svolge da sola, un po' il paradiso in terra dell'insegnamento se vuoi, ovvero la didattica senza didattica. Creare un modello di riferimento che possa essere usato per riuscire a tirar fuori delle cose che altrimenti si potrebbero far emergere solo attraverso  percorsi angusti, che non sono per tutti. Il tamburo stesso è nromativo, esso stesso ti insegna come essere usato, è molto chiaro: è un gioco che manifesta la sua regola.

E il gioco va preso molto seriamente perché è ciò che insegna di più.

La visione grande è quella di un pianeta che sappia suonare insieme in modo ritmico e armonico, anche perché l'alternativa, se non c'è cambiamento, è che si annienterà. 

Non è utopia, qualcosa di grande è già accaduto in questo senso. C'è stato un mega drum circle iniziato negli Stati Uniti nel 2009 con l'intenzione di dare supporto a chi convive con il cancro. Partita dalla North Carolina, l'iniziativa ci ha messo poco a diventare una mega jam session mondiale (Beating the cancer).  

 

Giurisprudenza e poi il facilitatore di professione, te lo aspettavi? 

Se mi guardo indietro bene vedo che in me il germe della musica è sempre stato vivo. Non sapevo cosa sarei andato a fare, però sentivo che non avrei potuto passare la mia vita senza suonare con altri, mi sarebbe sembrato di sprecarla. Il tamburo mi ha rapito veramente e del tutto 6 anni fa, mi ha preso in un modo per cui ha rivoluzionato tutta la mia vita, al punto che ora come ora non riuscirei a stare senza.