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Dolci vegani per i falò di Sant’Antonio

Sant'Antonio, pensaci tu: tra fuochi, cellucci, frittelle e pistiddu, rivisitati anche nelle versioni veg, ti fan festa contadini, tra i falò la gente del campo, i visitatori della città e tutti gli animali!

Dolci vegani per i falò di Sant’Antonio

Festa tra fuochi, Santi e animali!

In Italia c’è sempre un motivo per fare festa. Spesso si fa festa anche con il cibo. Passate le grandi abbuffate del Natale, ecco che arrivano i Santi. Il calendario è un tripudio di nomi che offrono occasioni di celebrazioni e riti più o meno sentiti e praticati nelle varie parti dello Stivale. Siamo al 17 gennaio, è il momento di festeggiare Sant’Antonio Abate, il suo elemento è il fuoco. Per l'occasione si accendono i falò, si portano gli animali in chiesa, si fanno dolci... vegani!

 

Antonio, l’eremita-contadino

Forse non tutti sanno che quella di Sant’Antonio Abate è una festa nata in tempi antichi, per auspicare buona fortuna alla nuova annata agricola e ai futuri raccolti. Celebrata ogni anno il 17 gennaio, si tratta di una delle feste più apprezzate dai contadini e dalle comunità agricole. In particolar modo in Sardegna ma non solo: dalla Lombardia all’Abruzzo, passando per il Lazio, gran parte dell’Italia gli rende omaggio.

Si narra che l’eremita, ad un certo punto della sua vita, avesse deciso di vivere in una grotta, dove gli veniva calato del pane solo due volte all’anno, il suo scopo era quello di sconfiggere il diavolo, e pare vi riuscì. Si dedicò poi a curare sia gli uomini che gli animali, per cui si diceva avesse doti miracolose. Ma si prodigava anche a scongiurare gli incendi, da cui il noto “fuoco di Sant’Antonio”, una forma di herpes che ugualmente il Santo curò.

La tradizione vuole che per l’occasione vengano accesi nella notte tra il 16 e il 17 gennaio grandi fuochi e falò in vari centri e paesi, i cui tizzoni sono presi dal fuoco benedetto dal parroco. Il fuoco che si sviluppa dai falò ha il compito di purificare ma anche di scacciare il male; infatti c'è chi prende un mucchietto di cenere da tenere fino all’anno prossimo. Poi si portano gli animali, domestici e non, in chiesa per la benedizione. Cani, gatti, criceti ma anche cavalli, pecore e maialini. Per questo Sant’Antonio viene iconograficamente rappresentato con un porcellino ai suoi piedi. Per l’occasione vengono offerti ai presenti, ma anche ai visitatori del buon vino, spesso vin brulè, ceci e i dolci tipici. Ogni regione ha i suoi. Vediamone alcune versioni vegan.

 

Cellucci abruzzesi veg

I cellucci (uccelli, in quanto ne ricordano la forma) abruzzesi sono i dolci tipici di marmellata, che nella regione si tramandano ancora di madre in figlia. Mosto cotto, oppure miele e cioccolato sono tra gli ingredienti principali. Eccoli nella versione vegan: Ingredienti per 6 persone: 500 grammi  di farina, 250 grammi di zucchero, 5 uova (sostituibili nella versione ricetta vegan con semi di lino e acqua tritati e una mela grattuggiata per legare), 2 cucchiai di olio di oliva, 2  bustine di lievito per dolci, ½ bicchiere di latte (per la versione veg va bene il latte di mandorle), mostarda di uva (miele o cioccolato); zucchero a velo quanto basta. Procedimento: in una ciotola ampia, sbattere le uova con lo zucchero e l'olio, aggiungendo poco alla volta la farina, il latte e il lievito. Ottenere un impasto morbido da cui prendere una piccola parte, metterla sulla spianatoia infarinata e schiacciare leggermente, ponendovi al centro un cucchiaino di miele, mosto o cioccolato, arrotolare, badando a non far fuoriuscire il tutto e dandogli una forma ad "S". Continuare così finché finisce la pasta. Posizionare sulla teglia ricoperta di carta forno distanti l’uno dall’altro. Infornare a 200° fino a che sono leggermente dorati, ovvero per 10 minuti circa. Serviteli freddi, con zucchero a velo.

 

Pistiddu dalla Sardegna

Tra i dolci tipici di Sant’Antonio troviamo le cotzuleddas, i pirichittus e il pistiddu, elencati in questo portale sardo.
Ecco, per esempio, il pistiddu, il cui nome deriva proprio dalla sapa, mosto d'uva, cotta e che diventa una specie di marmellata. Ingredienti per la pasta: semola di grano duro 500 grammi, strutto100 grammi (sostituibile con olio extravergine di oliva nella versione veg), 100 grammi di zucchero, un pizzico di sale e mezzo cubetto di lievito di birra sciolto in un po’ d’acqua tiepida. Si mescola il tutto e si lascia riposare per circa mezz'ora. Il ripieno può essere fatto di sapa (specie di sciroppo d’uva che si ottiene dal mosto appena pronto, di uva bianca o rossa; la sapa o saba è detta infatti anche "mosto cotto", "vino cotto" o "miele d'uva") o miele di altro tipo. Il miele si diluisce con d’acqua e si fa bollire, versando a pioggia 2 etti di semola e la scorza grattugiata di un paio di arance. Si fa cuocere finché si addensa e assume la consistenza di una marmellata. Si lascia raffreddare. Nel mentre si prende la pasta e se ne ricavano dei panetti che andranno riempiti con il ripieno e poi coperti con un’altra sfoglia. Il consiglio è di farli del diametro di 18-20 cm, per poi essere mangiati tagliandoli a fette intorno al fuoco. Vanno cotti in forno a170 gradi per circa un quarto d'ora.

 

Frittelle al cavolfiore del Lazio

Queste sono frittelle preparate per il giorno di Sant’Antonio, note in Lazio e nella Tuscia. Sono particolari perché condite con zucchero o sale, quindi dolci o salate a seconda dei gusti. Ingredienti: un cavolfiore fresco, sale, 200 grammi di farina, olio per fritture, poco latte di soia. Sbollentare in poca acqua bollente il cavolfiore. In una ciotola versare la farina, il pizzico di sale e poco latte; aggiungere cavolfiore a cimette e, appena l’olio è caldo, friggere a cucchiaiate il composto. Scolare e condire con sale e pepe o zucchero e cannella, a piacere.

 

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Immagine| http://it.fotolia.com/id/37821257