Intervista

Scopriamo l'Urban Farming

Scopriamo in cosa consiste l'Urban Farming attraverso l'intervista a Riccardo Andrea Emanuele De Amici, un giovane ragazzo che si è dedicato agli orti urbani attraverso 3 continenti

Scopriamo l'Urban Farming

L’Urban Farming sembra essere una delle risposte di miglior successo nel mondo moderno ai problemi legati alla scarsità di cibo… scarsità in termini di qualità e quantità.

Scopriamo di più sull'argomento in questa intervista a Riccardo Andrea Emanuele De Amici


Ciao Riccardo, quale (o quali) strade hai seguito per arrivare a lavorare nell’urban farming?

Ho fatto un corso di laurea che si chiama sviluppo internazionale (all’University of East Anglia, Inghilterra), basato sull’antropologia e le politiche dei paesi in via di sviluppo (antropologia applicata alla gestione delle risorse comuni).

Nel 2012 sono andato in Costa Rica per fare la tesi della triennale e ho analizzato l’impatto che le fattorie biologiche con volontari avevano sul piccolo villaggio locale (Mastal), e lì mi accorsi dell’incredibile impatto positivo che aveva il lavorare la terra su me stesso e sulle persone attorno a me.

 

Come è avvenuto il salto dalla Costa Rica al progetto che coordini in India?

L’esperienza in Costa Rica m’ispirò a continuare gli studi e durante la mia specialistica in sviluppo rurale attraverso l’agricoltura incontrai due membri di Auroville (in un incontro trilaterale tra la Comunità di Etica Vivente, Auroville e Findhorn) che mi parlarono di questa città universale in costruzione e mi esposero le difficoltà di trovare un sistema di produzione agricola adatto a quel contesto unico nel suo genere.

Quando arrivai alla fine della specialistica ad Auroville iniziai a lavorare con loro e successivamente al completamento della tesi ebbi tutti i contatti e tutte le basi accademiche per far partire un progetto che promuove l’idea che tutti possono essere in grado di crescere una parte del loro cibo in qualsiasi contesto essi vivano.

 

L’esperienza di urban farming in Auroville pare molto positiva e questa attività prende sempre più piede anche in Occidente. Come la spiegheresti a qualcuno che non ne ha mai sentito parlare prima?

Il semplice atto di piantare un seme, seguire la crescita della pianta, riconoscere i segnali che la pianta dà, arrivare al frutto e salvare il seme per ripiantare la stagione seguente, ci ricollega direttamente a quei cicli naturali che in città facciamo fatica a osservare. Allo stesso tempo è un atto rivoluzionario, di sovranità.

 

Infatti parliamo di agricoltura urbana: cosa si può fare concretamente vivendo in una città?

Un esempio può essere il recente movimento di Orti Urbani a Milano, ispirato in parte dall’Expo e dalla ricerca condivisa di un hobby più sano che ci ricolleghi al territorio.

Le persone s’incontrano ogni settimana, mettono assieme energie e conoscenze, creando un senso di comunità attorno ad uno spazio in precedenza sprecato e ora rigenerato.

Uno strumento che utilizziamo qui ad Auroville è la permacultura perché in sé contiene etiche e principi adattabili alla nostra vita urbana, non solo legata ai giardini.

Alcuni esempi di principi possono essere il trattare gli scarti come risorse, minimizzare gli input e massimizzare gli output, riportare alla luce l’importanza del divertirsi assieme.

 

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L’urban farming sembra andare oltre la semplice produzione di cibo. Quali altri campi della vita quotidiana vengono coinvolti?

Innanzitutto quello sociale: si crea un’identità di gruppo e una fratellanza data dalla condivisione delle risorse. In pratica si possono iniziare ad autoprodurre altre cose che derivano dal nostro lavoro in giardino: tinture e medicinali naturali da semi vari, la produzione di sapone per mezzo della cenere, il riciclaggio dell’acqua legato all’usare lo scarto come risorsa, quindi bisogna  anche aumentare la qualità dello scarto. In questo caso prodursi il sapone crea la possibilità di riusare le acque dei lavandini e docce nell’orto urbano.

 

Che consigli daresti a una coppia di amici che vogliono farsi l’orto sul terrazzo?

La prima cosa è di cercare su internet gruppi che fanno questi lavori nella propria città. Loro saranno d’aiuto per studiare i primi passi per creare un orto in terrazzo: istallare un sistema di irrigazione, organizzare vasi e contenitori per poi introdurvi ciò che va piantato nella giusta stagione, e riconoscere i segnali delle piante.

C’è un’enormità d’informazioni su internet, dal generale allo specifico. E in seguito ci si può iscrivere ad un portale su internet chiamato bioscambio.it, dove è facile scambiare gratuitamente semi, tale, marze… in tutta Italia.

 

In prospettiva futura qual è l’importanza dello urban farming?

Proiezioni dell’ONU suggeriscono che entro il 2025 metà della popolazione mondiale vivrà in città. Per permettere questa migrazione e quest’aumento della popolazione la FAO prevede come necessario un raddoppio di produzione di cibo, fattore che aumenterà enormemente la pressione sul mondo rurale, e l’ambiente già sciupato dall’agricoltura moderna.

Pertanto l’urban farming può aiutare le persone di città a comprendere e familiarizzarsi con la vita comune dei nostri antenati, riconoscendo inoltre l’impatto delle nostre abitudini alimentari; in questo modo si abatte il gap identitario tra il cittadino e l’agricoltore.

Non a caso, oggigiorno l’innovazione nell’agricoltura spinge ad una professionalizzazione tale che questi nuovi agricoltori portano con sé bagagli accademici e conoscenze ecologiche di alto livello, al punto che arriveremo ad avere agricoltori plurilaureati che ri-disegneranno la produzione di cibo “post-moderna”.

 

Che cosa impara il singolo individuo con la pratica dell’urban farming?

La persona può finalmente rendersi conto di cosa può crescere in determinate stagioni e condizioni, e dell’impatto sociale e ambientale che hanno le nostre scelte nutrizionali. Inclusa in questa nuova consapevolezza vi è l’energia intrinseca, in altre parole quanta energia è consumata per produrre, distribuire, confezionarei cibi che troviamo al supermercato. Oltre all’impatto ambientale, scopriremo anche l’impatto sociale, che ci focalizza nel ruolo di consumatore allontanandoci dalla nostra vera natura di agenti creativi e che si basa sullo sfruttamento di un altro tipo di energia, quella umana: l’uomo che sfrutta l’uomo, al fine di sopravvivere.

 

Per saperne di più:

> La pagina Facebook del progetto: https://www.facebook.com/urbanfarmingav

> Il blog: avurbanfarming.blogspot.in

 

Guarda il video che spiega come funziona l'urban farming in Auroville