Ipersonnia, cause e sintomi

Si parla di ipersonnia quando, anche dopo aver dormito a sufficienza durante la notte, la persona durante il giorno manifesta un’eccessiva sonnolenza. Vediamo meglio quali sono le cause e i sintomi di ipersonnia e a chi rivolgersi per i disturbi del sonno.

ipersonnia

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Cosa sono le ipersonnie

Le ore da dedicare al sonno variano a seconda dell’età della vita: mentre i neonati raggiungono le 18 ore giornaliere, frazionate in più pisolini, durante l’infanzia il fabbisogno di sonno si attesta sulle 12-10 ore, fino a scendere alle 7-8 nell’età adulta. Durante l’invecchiamento, il tempo dedicato al sonno profondo si riduce.

 

Questi sono i parametri standard; dopodiché, ci sono persone che per sentirsi bene hanno assoluto bisogno di un lungo riposo notturno ininterrotto di 8-9 ore e altre che, invece, sono produttive e di buon umore anche con un sonno più breve, o frazionato. Fino a qui, stiamo descrivendo una situazione assolutamente fisiologica.

 

Le ipersonnie invece sono disturbi del sonno caratterizzati da un’eccessiva sonnolenza diurna, anche dopo una notte di sonno sufficiente. Le persone affette da ipersonnie possono provare una costante sensazione di stanchezza e addormentarsi in situazioni in cui dovrebbero rimanere sveglie, come durante il lavoro o la guida.

 

Sintomi della ipersonnia 

Vediamo ora quali sono i sintomi dell’ipersonnia, ricordando che il quadro può variare molto a seconda della tipologia e delle caratteristiche della persona:

  • sonnolenza durante il giorno;
  • difficoltà a svegliarsi al mattino;
  • confusione e irritabilità al risveglio;
  • energia ridotta;
  • difficoltà di concentrazione e memoria;
  • ritmi rallentati;
  • occasionali momenti di confusione; 
  • tendenza ad addormentarsi anche in situazioni inopportune, come a scuola, al lavoro o alla guida.

 

Una classificazione

L’ipersonnia è un sintomo che, sulla base della causa sottostante, può essere classificato in:

  • ipersonnia psicofisiologica;
  • ipersonnia associata a disturbi psichiatrici;
  • ipersonnia associata all'uso di farmaci;
  • ipersonnia associata all’abuso di alcool e droghe;
  • ipersonnia associata a compromissione della respirazione indotta dal sonno;
  • ipersonnia associata alla sindrome delle gambe senza riposo;
  • narcolessia: in questo caso, oltre alla sonnolenza diurna, ci sono improvvisa perdita di tono muscolare (cataplessia), paralisi al risveglio e allucinazioni;
  • ipersonnia idiopatica, cioè per la quale è difficile identificare una causa specifica;
  • ipersonnia associata a malattie, intossicazioni e condizioni ambientali sfavorevoli;
  • ipersonnia periodica;
  • ipersonnia da sonno insufficiente;
  • ebbrezza del sonno (risvegli confusionali);
  • ipersonnia soggettiva e senza corrispondenti reperti polisonnografici.

 

Le possibili cause

A cosa è dovuta l'eccessiva sonnolenza? Chiaramente, ogni situazione va valutata nello specifico da un medico, ma tra le cause più comuni possiamo citare:

  • apnea notturna, con russamento e interruzioni del respiro;
  • abuso di sostanze stupefacenti; 
  • abuso di alcool;
  • sindrome delle gambe senza riposo;
  • depressione;
  • disturbo bipolare; 
  • narcolessia;
  • privazione grave di sonno.

 

In generale, si parla di ipersonnia idiopatica o primaria quando non è possibile identificare con sicurezza una causa scatenante; si parla invece di ipersonnia secondaria quando alla base c’è un disturbo di tipo organico, psicologico o legato all’assunzione di sostanze.

 

Quando rivolgersi al medico 

Sentirsi particolarmente stanchi per un breve periodo, magari corrispondente a un forte stress sul lavoro o a un repentino cambiamento di abitudini, è normale. Quando però la sonnolenza costante interferisce con lo svolgimento delle normali attività quotidiane, è opportuno parlarne con il proprio medico di base

 

Quest’ultimo si informerà sulle abitudini del sonno, sulle caratteristiche del disturbo, su eventuali altri sintomi di carattere fisico e psicologico, su medicine o altre sostanze assunte. Dopodiché, potrà inviare il paziente a un consulto specialistico, anche appoggiandosi – ove necessario – a un centro di medicina del sonno.

 

I centri di medicina del sonno 

In Italia esistono veri e propri Centri del Sonno, dove medici e ricercatori in materia possono essere d’aiuto per chi riscontra problematiche serie relativamente al sonno e ai disturbi correlati. Per accedere a tali strutture, è necessario essere indirizzati dal proprio medico di base o specialista. A questo link è possibile consultare la mappa dei Centri del sonno su tutto il territorio nazionale. 

 

L’Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni (AIN) per esempio promuove gruppi di auto mutuo aiuto e iniziative atte a divulgare informazioni utili per coloro che vivono i disagi di fenomeni tanto limitanti nel sociale, in ambiente lavorativo, scolastico, familiare, per mappare questo genere di patologie e relative cure e per promulgare la ricerca. 

 

Ha anche stilato un decalogo di consigli al fine di coinvolgere le persone affette da patologie come la narcolessia e le ipersonnie a condividere esperienze, terapie, risultati per implementare le conoscenze a riguardo.

 

Ipersonnia e cause psicologiche

L’ipersonnia può essere anche un sintomo di una condizione psicologica o psichiatrica sottostante.

 

Si parla di ipersonnia psicofisiologica quando la persona, per periodi limitati (meno di tre settimane ciascuno), si sente sonnolenta e cerca di restare il possibile a letto. Tale condizione spesso può essere sovrapponibile a un episodio depressivo e può scaturire in seguito a un trauma, a un lutto o a un conflitto. Anche la depressione maggiore ha tra i suoi sintomi anche una tendenza a voler passare la giornata a letto e sentirsi privi di energie e volontà.

 

L’ansia di norma provoca la condizione opposta, cioè l’insonnia; esistono anche persone che, però, per reazione, usano il sonno come meccanismo di difesa.

 

Ipersonnia e depressione 

L’ipersonnia è un sintomo piuttosto comune della depressione: la persona depressa fa fatica a svegliarsi al mattino e tende a voler passare le giornate a letto, senza più manifestare interesse per il lavoro, lo studio, le relazioni sociali e, più in generale, le consuete attività quotidiane. 

 

Di norma i livelli di energia tendono moderatamente a crescere nell’arco della giornata, perché con il passare delle ore diminuisce la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress. Il sintomo va comunque preso in carico con attenzione dallo psicologo, psichiatra o psicoterapeuta, perché l’ipersonnia può peggiorare lo stato depressivo. 

 

Ipersonnia idiopatica 

Si parla di ipersonnia idiopatica quando non è possibile identificare una precisa causa scatenante per i sintomi. Alcuni ricercatori ritengono che alla base ci sia una predisposizione genetica, ma questa non sempre viene riscontrata.

 

Perché si tratti di ipersonnia idiopatica, è necessario che la sonnolenza diurna eccessiva si protragga per oltre tre mesi, con sonnellini involontari più o meno riposanti. Il sonno notturno invece si mantiene entro le dieci ore consecutive, spesso con una qualità del risveglio normale.

 

La diagnosi 

Per definire un soggetto “ipersonnico” è necessario effettuare una valutazione della sonnolenza, partendo da un’analisi della condizione di veglia.

 

La sonnolenza soggettiva infatti riflette un bisogno o semplicemente un desiderio di sonno, spesso si confonde con l’astenia ed è strettamente connessa all’umore e ai suoi sbalzi. La sonnolenza oggettiva si rifà invece alla valutazione della condizione di veglia attraverso metodiche il più possibile misurabili e standardizzabili. Di seguito alcuni dei principali metodi usati:

  • MSLT (Multiple Sleep Latency Test, in italiano “test di latenza multipla del sonno”): questo test si esegue in laboratorio e misura strumentalmente il tempo che il soggetto impiega ad addormentarsi, posto nelle condizioni idonee al sonno (ogni due ore dalle h. 10,00 alle h. 18,00).
  • MWT (Maintenance of Wakefulness Test): anche questo esame si esegue in laboratorio e prevede la misurazione dei tempi di resistenza all’addormentamento. È indicativo per testare l’efficacia delle terapie atte a contrastare la sonnolenza.
  • Polisonnografia (PSG) dinamica ambulatoriale 24h: questo test polisonnografico viene eseguito presso il domicilio del soggetto e serve a esaminare la fisiologia del sonno e la forma e qualità della veglia.
  • Actigrafia: sul braccio non dominante del paziente si applica un dispositivo a forma di orologio, chiamato actigrafo, che valuta i periodi di quiete e di movimento nel corso della giornata. Tale registrazione va accompagnata da un diario.
  • Studio del liquor cefalorachidiano tramite una puntura lombare, per dosare una proteina chiamata orexina o ipocretina.

 

Gli indici di performance sono test soggettivi standardizzati che valutano i livelli di sonnolenza, andando a completare il quadro oggettivo delineato attraverso l’MSLT.

 

Nello specifico, la Scala di Epworth (ESS) definisce una scala “graduata” della sonnolenza media, della propensione al sonno in otto situazioni tipiche della vita quotidiana ed è così strutturata.

Scala Punteggi: 0 “non mi addormento mai”; 1 “ho qualche probabilità di addormentarmi”; 2 “ho una discreta probabilità di addormentarmi”; 3 “ho un’alta probabilità di addormentarmi”.

 

Domanda: “Che probabilità hai di appisolarti o addormentarti nelle seguenti situazioni, indipendentemente dalla sensazione di stanchezza?”

  • Seduto mentre leggo
  • Guardando in TV
  • Seduto, inattivo, in un luogo pubblico (a teatro, in una conferenza)
  • Passeggero in automobile, per un’ora senza sosta
  • Sdraiato per riposare nel pomeriggio, quando me ho l’occasione
  • Seduto mentre parlo con qualcuno
  • Seduto dopo pranzo, senza aver bevuto alcolici
  • In automobile, fermo per pochi minuti nel traffico

 

Valutazione punteggio: 0-10 normale; 11-15 sonnolenza moderata; 16-24 sonnolenza marcata (secondo l’interpretazione dei risultati da parte del Dr. Murray Johns, inventore della Scala). Il gruppo di studio di Stanford ha applicato range più ristrettivi: fino a 6 punti situazione di sonnolenza ottimale; 7-8 risultato accettabile; oltre 9 punti condizione potenzialmente pericolosa. 

 

Il trattamento

Le ipersonnie sono una classe di disturbi. L’eccessiva sonnolenza diurna è un sintomo, ma le patologie che lo possono provocare sono parecchie”, chiarisce Luigi De Gennaro, professore ordinario presso l’università La Sapienza di Roma, autore di oltre settecento pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero e segretario e direttore editoriale dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS).

 

“Per fare un esempio, tra il 3 e il 5% della popolazione – soprattutto tra i maschi anziani – ha un disturbo da apnea ostruttiva e dunque avverte, durante il giorno, una importante crisi di sonnolenza. I trattamenti devono agire sulla causa, non sul sintomo”, spiega.

 

“La narcolessia, disturbo assai più raro, porta ad attacchi incoercibili di sonno durante il giorno, tanto da essere stata catalogata tra le malattie rare e godere di tutele ad hoc. Questa è una disfunzione peculiare, principalmente neurochimica, con meccanismi e cause diverse”. 

 

“In sintesi, potrei anche dire che ci sono farmaci per ridurre l’eccessiva sonnolenza diurna, tra cui il modafinil. Ma sarebbe una risposta non del tutto etica, perché questi farmaci devono rientrare all’interno di una strategia di approccio al disturbo notturno che è causa dell’ipersonnia diurna. Prima si trova l’eziologia, poi si sceglie il trattamento”, conclude il professor De Gennaro.