Intervista

Un cavallo per amico: cosa si impara dai cavalli?

Prendiamoci un caffè con Divya Lieser, che in questa intervista ci parla della sua passione per i cavalli che ama e cura e dei benefici che si traggono da una relazione così speciale

Un cavallo per amico: cosa si impara dai cavalli?

Quando ho conosciuto Divya e l’ho sentita parlare di cavalli, ho capito subito che c’era qualcosa di diverso.

Non si trattava solo di essere in presenza di un esperto ma di qualcuno che vive la faccenda dal di dentro, di passione pura, una vita dedicata irrevocabilmente a questa forma di amore.

Un mix di passione per la vita selvaggia, per i cavalli in particolare e per lo studio della psicologia e del body language.


Divya… dov’é che tutto questo ha avuto inizio?

Sono nata nella comunità di Auroville da genitori francesi e tedeschi ed ho avuto un’infanzia “into the wild”: fino a 8 anni spendevo il mio tempo nuda, nella foresta subtropicale, scalando gli alberi, senza computer, senza tv, senza cellulare, e gli animali sono sempre stati presenti nella mia vita: davo da mangiare ai pavoni, correvo con gli scoiattoli, c’erano gatti, cani, manguste, serpenti, capre, ecc.

A 7 anni scoprii i cavalli perché qui tutte le ragazza fanno equitazione, andai anch’io con un’amica e dal primo giorno ho capito che sarebbe stata una di quelle cose che dura una vita.

Cominciai coi pony, ne ebbi uno mio di nome Magic, e da allora ho sempre avuto un cavallo. Ho imparato diversi stili e ho seguito un mix di questi, finché dissi basta con le lezioni e inziai a cavalcare libera.

 

Quando hai trasformato questo in un lavoro?

Il mio lavoro nell’equitazione non riguarda l’insegnare alla persone, ma il rapportarmi coi cavalli: mi prendo cura di loro, li nutro, tratto le ferite, i vari problemi, spendo tempo con loro.

Dopo il pony, all’età di 13 anni, capii che il segreto era in una relazione personale col cavallo e comincia a crearla. Non era più un animale ma un amico e non era più questione di cavalcare ma di spendere tempo con lui.

A 21 anni compresi finalmente che pur cavalcando, non sapevo quello che stavo facendo dal punto di vista del cavallo, per cui lasciai ogni metodo: dopo aver studiato la loro psicologia tutto ha acquistato senso, li capisco e posso veramente farmi capire. È stato scioccante e bello al contempo, una di quelle cose che ti cambiano la vita.

Ora ho sviluppato una relazione con Santiago, un ex cavallo da corsa con dei bad imprinting post traumatici per via della violenza subita. Lo faccio lavorare coi bimbi per cambiare i suoi schemi comportamentali da negativi a positivi.

Divya Lieser cavalli

 

Veniamo al dunque: quali sono i benefici dell’avere un cavallo per amico?

Cominciamo col dire che i cavalli sono diversi dagli altri animali. Col cane o col gatto è differente, loro vivono con te, li nutri, sono attaccati; il cavallo è diverso, è un rapporto che non si basa sulla dipendenza per via del cibo, si tratta di avere una vera relazione, vogliono veramente spendere tempo con te per una forma di amicizia, per un senso di famiglia, ti riconoscono come un leader fraterno: loro cominciano a seguire i tuoi ordini invece dei loro istinti e tu cominci a fidarti dei loro istinti invece che solo dei tuoi ordini.

Coi cavalli puoi facilmente provare l’esperienza del “flusso”: tutto il resto del mondo sparisce, siete solo tu e lui, esiste solo il presente e quello che stai facendo nel presente. Smetti di pensare, agisci e basta… l’apocalisse può infuriare nel mondo ma tu sei col tuo cavallo.

Credo che l’equitazione superi tutti gli sport in solitaria e quelli in team perché c’è una vera connessione, una dimensione unica e diversa. Si tratta di fare sport e al contempo stare con qualcuno che ami, al punto che non senti la fatica se non alla fine.

Lavori con un essere vivente, non con un attrezzo o una bici; ti domandi sempre cosa stai facendo, non pensi solo a te stesso, non deicidi tutto tu e ti metti in discussione, ascolti, impari un linguaggio nuovo, devi saperti controllare perché il cavallo legge le tue emozioni e reagisce al volo.

Relazionarsi con il cavalli è il miglior metodo che conosca per sviluppare assertività: gestire le emozioni senza né essere passivi né imporsi. Non basta ridere con la bocca, devi farlo con tutto il corpo. I cavalli hanno una personalità (horsenality) e devi studiare il loro tipo psicologico, perché ce ne sono di diversi e devi essere certo di star comunicando correttamente.

 

Tutto molto affascinate. Chi può dedicarsi a questa via?

La risposta più ovvia e politically correct sarebbe “tutti” ma in pratica non è così. Può cavalcare senza metodo chi è pronto a mettersi in discussione.

Un esempio: quando cominciai a lavorare con una vecchia cavalla chiamata Crystal Air, non comunicavamo bene e non riuscivo a impormi, e mi chiedevo perché non mi capisse.

Lasciai il metodo e andai con lei nella foresta, decisi di approfondire le ricerche sul body language e scoprii che gli stavo chiedendo la cosa sbagliata. La sua risposta era giusta, era la domanda ad essere sbagliata! Quindi cambiai leggermente postura e il cavallo cambiò risposta: il problema ero io, non il cavallo.

Se ti metti in discussione tutto funziona, ma devi saperlo fare. I bambini sono psicologicamente flessibili e sanno mettersi in discussione, è un’attitudine naturale e in più non devono disimparare alcunché.

 

Che influenza ha avuto tutto questo nella vita quotidiana?

Una notevole influenza, mi ha dato qualcosa che uso sempre, soprattutto nella comunicazione, una mia passione e anche un gran problema sociale perché le persone, in genere, non sanno come comunicare e di conseguenza non sanno ottenere ciò di cui hanno bisogno. Risultato? Ripiegano sulla passività o sull’aggressività ma difficilmente sono veramente loro stesse.

 

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