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Tecniche di autodifesa di base: quando e come usarle

Il quando e il come scegliere di difendere se stessi con tecniche di autodifesa sono i due dettagli che fanno la differenza tra successo e insuccesso. La psicologia e l’applicazione sono importanti tanto quanto (e forse anche di più) le tecniche

Tecniche di autodifesa di base: quando e come usarle

Dimentichiamoci per un attimo l’aspetto sportivo delle arti marziali: i guantoni, le protezioni, i ring, l’allenatore, l’arbitro, il riscaldamento, il saluto iniziale; torniamo alle arcaiche origini delle arti marziali: l’autodifesa, dove non è concesso titubare, dove la posta in gioco è alta e non è possibile scegliere le condizioni della battaglia, per dirla con Sun Tzu e la sua Arte della Guerra.

Tutto accade improvvisamente e non c’è possibilità di togliersi la borsa da tracolla, le scarpe coi tacchi alti, i pantaloni scomodi, né di fare riscaldamento per tirare calci alti con la testa per bersaglio.

Scopriremo allora quanto importante sia un tipo di allenamento specifico in questo aspetto delle arti marziali, allenarsi appunto ad una reazione immediata ed efficace, senza effetti pirotecnici presi dai film di Bruce Lee.

 

Quando e come usare le tecniche di autodifesa

L’autodifesa si applica in casi di serio pericolo, quando tutte le altre possibilità di evitare lo scontro sono svanite e proteggere se stessi è l’unica cosa che conta. A questo punto non è più possibile distinguere tra colpi consentiti e colpi non consentiti e, a differenza delle competizioni sportive, gli obbiettivi degli attacchi a scopo di autodifesa sono occhi, collo, naso, mento, plesso solare, fegato, ginocchia, dita, genitali... tutti bersagli non di norma non consentiti.

Quando si effettua un certo tipo di attacco per difendersi, non si può esitare e rischiare di fallire: colpi decisi e ben assestati devono avere lo scopo di tramortire l’aggressore o renderlo temporaneamente inabile a proseguire oltre con l’aggressione.

In casi di extrema ratio, vanno presi in considerazione anche colpi alla gola, alla nuca e alla tempia. Dando un’occhiata alle statistiche scopriremo che gli aggressori hanno un grande fiuto e non attaccano casualmente: sanno bene come riconoscere le “vittime”, ovvero le persone apparentemente deboli, che esprimonoinsicurezza già con il linguaggio del corpo, che esitano nella loro gestualità, estremamente indecise anche nei semplici scambi sociali. Questo è il profilo della vittima ideale ed è esattamente quello che dobbiamo scardinare con l'allenamento.

 

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Attacco e difesa simultanei

La difesa e l’attacco sono considerate spesso due fasi separate delle discipline marziali e non tutte le arti marziali preparano il praticante alla teoria e alla pratica della contemporaneità di difesa e attacco.

In realtà, durante un attacco, l’assalitore si espone e apre uno spazio sui suoi punti deboli: quello è esattamente il momento in cui reagire e colpire a nostra volta, senza dare il tempo di finire l’attacco ed essere pronto per la difesa.

 

Casistiche

Difficilmente gli aggressori (sia che si parli di rapina, di stupro o di semplice bullismo) agiscono da soli; generalmente lavorano in coppia o in gruppo, ma come nei branchi predatori, è il maschio alfa a dirigere l’attacco e a dare coraggio al resto della banda, che inizialmente funge da palo per poi intervenire in seguito.

Reagire con successo contro il maschio alfa mette generalmente in allarme i complici che di solito se la danno a gambe: un maschio alfa messo giù da una donna non merita di essere rispettato e soccorso, secondo tale psicologia.

Per farlo, visto che generalmente parliamo di distanze molto brevi e situazioni improvvise, i migliori colpi sono le testate, le gomitate al volto, le ginocchiate alle parti intime e le microleve alle dita, tutti altamente dolorosi e debilitanti:

  • le testate sono ottime in caso si venga bloccati ai polsi o stretti da dietro,
  • le ginocchiate quando si è avvinghiati di fronte, così come le gomitate;
  • i colpi di mano dovrebbero essere tirati a mano aperta, usando il polso e non il pugno chiuso: in questo modo si genera più forza e più danno.

 

Azioni collaterali e valutazioni conclusive

Ecco altre azioni collaterali che bisognerebbe mettere in atto per autodifendersi:

  • Mai farsi mettere all’angolo o con le spalle al muro,
  • mai focalizzare tutta l’attenzione su uno sconosciuto che si appropinqua ma mantenersi focalizzati su ciò che ci circonda (complici),
  • non farsi attrarre solo dal volto ma osservare le mani (individuando per esempio eventuali coltelli nascosti),
  • gridare e chiedere aiuto per aumentare la possibilità di far fuggire gli aggressori,
  • evitare gesti eroici,
  • essere maggiormente attenti a cò che comunichiamo: continuamente senza prestare attenzione diciamo di possedere o meno dei valori da rubare, o di essere facilmente abbordabili oppure impacciati e indifesi.
  • mai provocare e nel caso evitare lo scontro sia impossibile, mai esitare, guardarsi attorno, gridare e cercare vie di fuga, o persone di supporto, o eventuali strumenti di difesa improvvisata: nel 95% dei casi di aggressioni sventate questo è ciò che ha aiutato.

 

Per approfondire:

Arte marziale e capacità di autodifesa oggi

> Chandibhava: un'autodifesa tutta femminile